Roma – “Noi in Italia dobbiamo confrontarci con una ancora estesa mancanza di rispetto delle persone, della loro dignità e libertà. Per me questo è il punto. Lo abbiamo visto anche nel dibattito sulle unioni civili, un dibattito segnato da una profonda arretratezza culturale, in cui sono state usate parole offensive e linguaggi discriminatori. In quel dibattito è stata introdotta anche la questione dell’utero in affitto, che io preferisco chiamare gestazione per altri, pur di ostacolare la stepchild adoption e bloccare tutta la legge”.
In una intervista a Barbara Molinario, direttrice di Fashion News Magazine, Valeria Fedeli interviene nel dibattito sulle unioni civili dopo l’approvazione da parte di Palazzo Madama. La Vice Presidente del Senato è contenta di questa legge: “un passo significativo, fondamentale per l’Italia. Ci fosse stata – tiene a precisare Valeria Fedeli – anche l’estensione non discriminatoria dell’adozione verso i bambini già esistenti, che la nostra legge già prevede con le adozioni speciali e che i giudici già riconoscono, avrei preferito”. Riguardo il comportamento dei 5 Stelle, ha parlato di voltafaccia, “il voltafaccia che ha impedito che ci fosse anche la co-adozione parentale. Dopodiché, io sono contenta perché il voto alla legge rappresenta una svolta storica, realizzata dopo 30 anni, che contribuirà fortemente al cambiamento culturale dell’Italia”.
Dell’utero in affitto cosa ne pensa?, gli è stato chiesto. “Intanto io non lo chiamerò mai così, per rispetto delle donne. Credo si debba conoscere in quali condizioni avviene. È un tema complesso e delicato, che fa discutere con posizioni differenti il mondo delle donne in Italia, in Europa e a livello internazionale la stessa politica e la ricerca scientifica. Continuare a concentrarsi, nella comunicazione pubblica, soltanto sulle realtà dove la donna viene sfruttata, realtà che certamente vanno considerate e contrastate, non mi vede d’accordo. La mia cultura – sottolinea la Vice Presidente del Senato – non è quella di proibire, è quella di regolare per non favorire l’illegalità e, soprattutto, per dare le alternative a chi sceglie la genitorialità. Faccio fatica a continuare a seguire questa discussione senza porre innanzitutto la questione della tutela dei bambini che già ci sono, e non meritano di essere discriminati in base alla loro origine di nascita. Il fatto è che oggi, in Italia, ci sono i bambini figli di omosessuali che sono discriminati, e ce ne sono anche tanti altri che le norme sulle adozioni costringono alla solitudine o all’instabilità affettiva perché scoraggiano i potenziali adottanti con regole troppo rigide e burocratiche. Serve aprire le adozioni anche a coloro cui oggi sono precluse, dai conviventi stabili, etero o omosessuali che siano, fino ai single. Ecco perché l’ordine del giorno che ho presentato, collegato alla legge Cirinnà, va nella direzione di un’alternativa vera e concreta alla GPA: se c’è una minore burocrazia nella gestione delle adozioni, le coppie omosessuali maschili oppure le coppie eterosessuali sterili possono adottare, anziché fare ricorso alla GPA. Non si capisce perché i bambini debbano restare nelle comunità di accoglienza o nelle case famiglia”.