Roma – Lo stupro collettivo avvenuto in pubblica piazza, durante l’ultimo dell’anno a Colonia, Amburgo e Stoccarda, ha provocato orrore nell’opinione pubblica tedesca e internazionale. Il mancato intervento da parte delle forze dell’ordine tedesche, durante quella notte di follia, ha peggiorato notevolmente la situazione e ha portato la Cancelliera Angela Merkel ad attuare dei seri provvedimenti: il capo della polizia di Colonia, Wolfgang Albers è stato destituito, sono stati emessi fermi per 31 persone e il sindaco della cittadina tedesca ha anche emanato un nuovo piano per la sicurezza, in cui si vieta alle donne di uscire da sole e di dare confidenza agli stranieri. Misure che secondo il sindaco della città, Henriette Reker, non vogliono essere xenofobe o discriminatorie, ma sono volte a garantire la sicurezza dei cittadini tedeschi proprio in un periodo in cui la Germania segue la politica delle frontiere aperte ai migranti. Dal canto nostro in Italia si è gridato allo scandalo; politici, uomini autorevoli e i cittadini stessi, hanno espresso la propria solidarietà alle vittime di questa violenza e hanno ritenuto inaccettabile che un’intera cittadina possa essere ostaggio di 1000 facinorosi che delinquono e violentano senza nessun freno. Il 16 Gennaio scorso durante la trasmissione Rai “Uno Mattina” però una voce fuori dal coro, quella di Carlo Panella, giornalista dell’Occidentale, che ha dichiarato in diretta tv: “Dietro Colonia c’è la dinamica del branco, un gruppo di maschi ubriachi, testosterone, che fanno le porcate che facevano i maschi in Sicilia e che forse fanno ancora oggi” Non sta a noi giudicare le sue parole, e non possiamo spiegare cosa voleva dire il Panella, però come ci ricorda il Manzoni “Le parole fanno un effetto in bocca e un altro negli orecchi.”; non c’è da meravigliarsi quindi che milioni di siciliani si siano permessi di urlare allo scandalo e al deferimento del giornalista originario di Genova. Ma se facessimo un passo indietro, cavalcando quella sacra giostra che è la Storia, questi stupri di massa, questi atti collettivi ricomparirebbero giusto in Sicilia? La Sicilia è per così dire, la patria dello stupro di massa? Il più famoso e antico degli stupri di massa in grande stile potrebbe essere il “Ratto delle Sabine”; nel 753 a.C. Romolo, unico re di Roma, decise di organizzare uno spettacolo in cui invitò tutti i popoli della regione e dopo averli fatto accomodare, insieme a tutti i cittadini maschi romani, rapì tutte le donne single presenti e le fece sposare ai propri cittadini. Sempre riferendoci ai romani, era prassi comune durante una campagna militare usare lo stupro di massa sia verso gli uomini che le donne come arma di intimidazione e scherno durante le rivolte; Tacito ne parla molto durante la sua narrazione della rivolta batava. Oppure possiamo ricordare le scorribande dei Vichinghi in tutta l’Europa settentrionale: migliaia di donne rapite, violentate e uccise durante ogni saccheggio della costa britannica. Se vogliamo guardare invece all’età contemporanea, discostandoci da un passato troppo lontano, basti guardare alle due guerre mondiali: in 10 anni effettivi di guerre, qualsiasi esercito si è macchiato di stupri collettivi e non, e di atrocità contro i civili. E sempre per fare un esempio, l’esercito serbo durante la guerra in Bosnia commise brutali stupri di massa durante tutta la campagna. Basti pensare al Massacro di Foča e di Višegrad, nell’Est della Bosnia, in cui si stima che fu stuprato l’80% della popolazione. Oppure basti pensare che secondo i dati attuali, la Svezia si colloca al secondo posto tra i paesi con il maggior numero di violenze sessuali al mondo; preceduto solo dal Lesotho nell’Africa del Sud. La storia ci insegna quindi che lo stupro collettivo non ha mai avuto una patria o un popolo fondatore; non possiamo di certo affermare che i Romani furono i primi stupratori della storia e che hanno un attitudine naturale nel farlo; o che tutti i Serbi siano degli stupratori seriali. In questi casi sarebbe preferibile mantenersi solo alla condanna convinta contro l’orribile gesto dello stupro di massa, soprattutto se si ha davanti la telecamera della TV di stato. TV di Stato che, fino a prova contraria, è guardata anche da milioni di Siciliani.Sarebbe preferibile dire NO alla violenza in tutte le sue forme, senza cercare paragoni avventati e privi di fondamento; senza cercare soprattutto una territorialità a un crimine che come unico padre ha la disumanità umana.
Gabriele Imperiale