Redazione – Molte le storie di ragazzi che lasciano il loro paese per venire in Italia o chissà dove. Nella vita quotidiana nemmeno ci rendiamo conto di quante storie si possano nascondere dietro le persone. Sentimenti, speranze, modi di essere, modi di vivere. Quello che per noi qui in Italia è la normalità per la quale spesso ci lamentiamo, per altri invece è un modello di vita da raggiungere. Ecco proprio su questo tema abbiamo voluto raccogliere una testimonianza diretta, da un ragazzo, come tanti che dall’Iran ha deciso di venire in Italia, dopo essersi laureato in ingegneria e dopo aver studiato la lingua presso la nostra Ambasciata. Ecco dalle sue parole possiamo comunque trarre delle conclusioni, delle lezioni di vita che ci insegnano ad integrarci e a saper/dover fornire quelle giuste possibilità per chi ha voglia di crescere, di lavorare e di vivere rispettando gli altri e apprezza il paese in cui vorrebbe continuare a vivere. Mohammadreza Farahani, ha 28 anni e vive a Roma, è un ragazzo che gira nel web e ci racconta con parole semplici ma di grande contenuto quella che la sua storia semplice e le sue aspettative:
“Ho sempre pensato – ci dice Mohammadreaza Farahani in una intervista esclusiva per AndradeLab – che l’Iran non fosse il mio destino, e che dovessi andare in paese dove poter lavorare e vivere come mio desiderio Mio padre non voleva che andassi via dall’Iran e quando mi sono laureato in ingegneria, ho deciso di lavorare in una ditta. Dopo due anni però la società è fallita, e a quel punto ho deciso di espatriare. Ho iniziato quindi a studiare l’italiano presso l’Ambasciata italiana in Iran, e così ho avuto il visto per lasciare l’Italia. Ero molto felice, poichè vedevo iniziare per me una nuova vita. Tanta era la differenza di cultura tra la nostra cultura iraniana e quella italiana. Un giorno ero per strada e vidi un semaforo rosso per i pedoni. Tutte le auto si fermarono ad attendere il passaggio delle persone. Così mentre attraversavo la strada, ho notato che non ero giudicato da nessuno, e che non avevo il dito puntato contro. Ero un uomo che veniva rispettato durante il suo passaggio sulle strisce per raggiungere l’altra parte della strada e proseguire il cammino. L’importante dunque era essere uomo, non ero mal considerato per la mia nazionalità diversa. Ero un cittadino del mondo, nel mondo dove volevo stare. Quindi i cervelli italiani non sono malati, non uccidono cani, come tante altre cose che ci sentivamo dire.Vorrei che il mio paese fosse così, come l’Italia, da vivere in questo modo. Vedo italiani che escono insieme, ridono, si divertono e la sera vanno al bar o nei locali per stare insieme, bere un pò di birra. La vita semplice e bella. In Iran la vita è un pò come essere sconvolti, si è insoddisfatti, stanchi, e mi chiedo perchè da noi sia così difficile? 1 euro equivale a 1000 toman, e una bottiglia di latte che qui costa un’euro li’ si paga 3000 toman. La vita è molto costosa in Iran, e qui si vive molto meglio. In Iran si lavora molto, ma gli stipendi sono bassi, e così si deve lavorare sempre di piu’ mancando così anche quel minimo di tempo libero a disposizione per rilassarsi un pò con gli amici. Da quando sono arrivato, sto cercando delle convinzioni per tornare nel mio paese, ma adesso dico che vivo qui, perchè voglio crescere, progredire, e perchè credo in me stesso. Il destino mi ha portato in Italia e allora combattero’ e cercherò di viverci nel migliore dei modi.”
Daniele Imperiale
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