Nel coltivare l’ambizione/delirio di altri si diventa ebeti, incapaci di essere se stessi, insani portatori di volontà non propria, di un apocrifo pensiero.Tommaso d’Aquino ci ricorda che: È naturale all’uomo elevarsi alla realtà intellegibile attraverso le cose sensibili, perché ogni nostra conoscenza ha inizio dai sensi. L’intelligenza scopre meandri e, indisponibile, determina autenticità, mai lascia o si lascia irretire da riverbero d’altri: la libertà, nel suo essere portento immenso di intelligente autonomia, non può abdicare all’assuefazione del pensiero subordinato. Chi avalla ciò è labile di concetto, si rende forte di irragionevolezza di gruppo, manifestando piena incapacità d’azione. Di contro, l’intelletto agente è il solo in grado di rendere stile e verità a un fare incondizionato.
“E noi ignoranti, miseri miserabili, sempre ci partiamo dalla via della luce e andiamo per la via delle tenebre, dove è morte perpetua”. (Caterina da Siena, Lett. 3). L’espressione noi ignoranti, miseri miserabili usata da Caterina, rispecchia il quadro di un’attualità che altro non sa essere se non ignorante, miseramente miserabile di verità, e sempre più direzionata verso la via delle tenebre. Essere distanti dalla comprensione umana, dal vivere la realtà sociale rende povertà alla vita, soprattutto nell’aspetto armonico dato dalla spiritualità, dal senso del sacro, un sentire, questo, essenziale per una umanità che non necessariamente si rivolge al Cielo, ma al nostro prossimo, all’altro da me, alle relazioni sociali in genere. Ne consegue l’ingratitudine che genera un grado perverso di superbia e arroganza in cui non è difficile impattate nel vivere politico moderno, che sempre più sposta il servire un mandato con il farsi servire senza mandato. Annichilita la società sembra non trovare determinazione libera.
Or dunque, sovviene Caterina da Siena: Brighiamoci di fare buona e sollecita guardia, ponendo allato, a la guardia del libero arbitrio, il cane della coscienza; il quale, quando alcuno giunge alla porta, desti la ragione, abbaiando, acciò ch’ella discerna s’è amico, o inimico … Tuttavia, ci scopriamo circondati da gente che non sa fare la differenza se non verso la propria incoerenza, tendendo ad annichilire, usare, mancare di rispetto, abbandonandosi al sazio dell’egoismo, annullando lo sguardo verso l’Altro, per ingozzare il se autoreferenziale. La relatività, condita da boria, impera, nello sconcerto di una mondana realtà che ha privato l’umano integro essere della sua armonia, di un sano saper pensare: nessuno è dio in terra, i perfetti puri umani non esistono!
L’agire antropico, votato al bene comune, è azione, passione di bene, innamoramento, è politica capace di rendere sostanza alla vita non solo propria, piuttosto di coloro che credono al domani possibile, al valore riconosciuto, al talento dell’unicità. Si desti la ragione, … acciò ch’ella discerna,quando alcuno giunge alla porta, s’è amico, o inimico!
(Maria Francesca Carnea)