di Antonio Agosta (Redazione Sicilia)
Paola, era una donna 49enne morta mentre raccoglieva l’uva nei campi per 27 euro al giorno. A parlarne, con la disperazione nel cuore, è il marito incredulo del grosso macigno caduto sulla sua famiglia.
La donna, come faceva tutti i giorni, andava via di casa alle due di notte per prendere l’autobus e arrivare puntuale alle 5.30 ad Andria, dove le amiche attendevano il suo arrivo e iniziare a lavorare, come se dovessero timbrare il cartellino di un regolare posto di lavoro, stavano a braccia tese e testa alzata tutto il giorno.
Paola Clemente, questo era il suo nome e cognome, era contenta del suo lavoro, umile ma sicuro, quasi soddisfatta di assicurare qualcosa da mangiare ai suoi tre figli. Il marito, come lei faceva il bracciante agricolo, una famiglia modesta ma rispettosa del poco lavoro che c’era in giro. La fatica non la spaventava, magari alzava lo sguardo per scrutare da lontano i bagnanti che alloggiavano nelle località più rinomate della cittadina, come fosse la California per le persone benestanti del luogo, sognando ad occhi aperti di trovarsi anche lei insieme a quella gente.
Il suo ritorno a casa avveniva intorno alle tre del pomeriggio, in alcuni casi anche alle 6, tranne quel maledetto pomeriggio, quando arriverà la telefonata al coniuge per informarlo che Paola stava male e le sue condizioni erano gravi.
Paola muore su un lettino d’ospedale lontana dal marito e dai suoi figli, trecento chilometri di distanza sono tanti per chi non ha mezzi con cui muoversi.
Adesso, il marito in lacrime chiede giustizia, perché nessuno riporterà indietro la sua amata. Paola, la madre dei suoi tre figli. Sua moglie, come gli altri braccianti, venivano trattati come degli schiavi o migranti scampati dalle guerre e dalla fame del loro paese in cerca di fortuna “Paola è morta, non tornerà mai più a casa. Per noi 27 euro al giorno ci permettevano di campare”.