Roma – Chiamarla semplicemente artista è riduttivo. E’ una questione di stile, Skin è una Diva.Con la maiuscola. E come ogni Diva che si rispetti sa farsi desiderare.
Planata ieri sera, 15 luglio, al Postepay Sound Rock in Roma, insieme ai suoi storici compagni di viaggio, gli Skunk Anansie (Ace alla chitarra, Cass al basso e voce, Mark Richardson alla batteria), la 49enne cantante londinese di origini caraibiche ha infiammato un pubblico reso impaziente da circa 40 lunghissimi minuti di attesa ed infreddolito da una insolita serata ventosa di metà luglio, regalandoci uno dei concerti più elettrizzanti dell’estate musicale 2016.
L’attacco di batteria di Mark Richardson apre questa terza tappa italiana del Tour di presentazione del loro nuovo album Anarchytecture, inteso quasi un confine tra ordine e caos e definito dalla stessa Skin come “…l’invito ad ognuno di noi a vivere la propria vita a costo di compiere scelte non allineate”, introducendo il primo brano in scaletta , Tear The Place Up, che subito libera l’energia urlata della frontwoman, in tuta argentata e cappellino, e che fa tremare il palco nonostante l’acustica non proprio perfetta.
Un’energia che coinvolge i fans per tutto il concerto, durante il quale Skin si dona totalmente senza risparmiarsi, correndo e saltando, gettandosi tra la folla infischiandosene della Security ed intrattenendola in un italiano più che apprezzabile.
Ma la vera protagonista resta la sua voce, dall’incredibile estensione, in grado di passare disinvoltamente dalle tonalità graffianti ed aggressive del Britrock anticonformista e di protesta di Little Baby Swastikka e Charlie Big Potato a quelle più calde e sensuali di Because of you e Secretly, attraverso i virtuosismi di You’ll follow me down, e che si conferma ancora una volta una delle più interessanti e peculiari del panorama rock internazionale.
Successi del passato, interpretati magistralmente, alternati ai brani del nuovo lavoro: That Sinking Feeling, Death to the lovers, forse il pezzo più bello di Anarchytecture, Without you, Love Someone Else, Beauty is a curse.
Ma è con Hedonism, nel Bis, che arrivano i veri brividi, quando il pubblico esplode in un emozionante “just because you feel good” , sotto lo sguardo divertito e soddisfatto della pantera del rock.
E’ il momento dei saluti, che, come in tutti i grandi concerti, giunge troppo presto: un’ora e mezzo di live, per chi ascolta, sembra sempre poco.
E verrebbe solo da dire “One more song Skin. Please”.
(Myriam Fioravanti)