La Grecia, si è capito, è la nazione, di quelle che hanno adottato l’euro, che economicamente è messa peggio. Questo è dovuto ad un enorme debito pubblico e ad un sistema economico nazionale ‘malato’: in Grecia, infatti, la stragrande maggioranza della popolazione dipende direttamente dallo Stato (o come dipendente o come pensionato) e solo una piccolissima parte di essa lavora in proprio (specialmente nel settore turistico); a ciò si aggiunga una diffusissima evasione fiscale e moltissimo lavoro nero. Tutto ciò, comporta, come avete già immaginato, al fatto che lo Stato greco incassi dalle tasse molto meno di quello che spende in servizi, pensioni, stipendi statali ecc… Ecco qui, quindi, la nascita del debito greco. Nel corso degli anni, poi, lo stato greco, per continuare a far fronte a queste sue spese, ha contratto numerosi altri debiti (FMI, BCE, Germania, Francia, Italia, Spagna). Insomma ha contratto debiti per coprire altri debiti. Lo stesso ingresso nell’euro di qualche anno fa, fu ‘truccato’ dai governi ellenici, nel senso che già allora i conti greci non erano apposto: si fece apparire una situazione economica più favorevole, si corruppero le società di valutazione finanziarie, ecc… Per risolvere tutta questa situazione, l’Unione europea chiese prima e poi pretese (come per l’Italia) che lo Stato greco facesse delle riforme, onde ridurre o eliminare tutti questi sprechi. Ovviamente l’Unione europea agiva per il bene economico dell’intera unione. Queste riforme erano molto simili a quelle che ora sta facendo l’Italia, con l’unica differenza che in Grecia non ci sono aziende private in cui andare a lavorare, perché un po’ le tasse, un po’ la crisi economica internazionale e un po’ le leggi europee hanno determinato la chiusura di quelle poche che c’erano. Il popolo greco abituato a vivere in un certo modo e, a causa delle prime riforme, vedendosi ridotte le opportunità lavorative, ovviamente nel corso del tempo è sempre stato sempre più restio a riformare lo stato. In pratica i Greci hanno subito le riforme che l’unione europea gli ha imposto per il bene di tutti gli altri paesi dell’Unione. La nazione europea poi che ha tutto da perdere in questo gioco è la Germania, primo perché un euro forte fa piacere ad un’economia forte come quella tedesca, poi perché questo Paese è uno dei maggiori creditori della Grecia. Ciò che stupisce però è l’atteggiamento di intransigenza assunto dal governo tedesco che spesso si contrappone a quanto deciso dagli altri paesi UE (non è segreto però che il 60% dei tedeschi vorrebbe la Grecia fuori dell’euro). Indipendente dal fatto di chi abbia ragione o no (sotto l’aspetto economico non si può dar torto alla Germania, perché infondo i conti greci sono tremendi), questa situazione ha rivelato quali siano le vere forze in gioco, chi siano i ‘forti’ e chi i ‘deboli’, insomma chi è colui che decide e chi esegue. Come la Grecia anche l’Italia sta facendo delle riforme; si è capito però che non sono riforme fatte tutte per nostra volontà, ma molte vengono da volontà altrui. La situazione dell’economia italiana non è uguale a quella greca, ma per molti aspetti vi assomiglia. Ecco perché, in base a come finirà il caso greco, anche noi italiani dovremo stare attenti. Gli investitori stranieri infatti non fanno molta differenza tra noi e la Grecia; a riprova di ciò sta la perdita del 4% in borsa, oggi a Milano, a seguito del referendum greco contro l’austerità (non sappiamo quanto avrebbe perso la borsa greca solo perché è stata chiusa per precauzione). Insomma vedere il modo in cui trattano la Grecia significa vedere il modo in cui potrebbero trattare l’Italia, quando la Grecia lascerà l’euro (perchè a meno che non riceva un regalo da qualcuno difficilmente potrà appianare i debiti). Detto ciò, dopo tutto io sono ancora un europeista convinto, ma non credo però ad un’Europa di banchieri, burocrati e economisti, ma ad un’Europa dei popoli, che nel momento in cui un Paese membro si trova in difficoltà gli altri lo aiutano; quello che invece ora si sta osservando è che alla fine gli interessi nazionali prevalgono su quelli della collettività (anche se vengono spacciati per tali), dal problema greco a quello degli immigrati. Allora mi domando: a cosa serve questa unione? È un’unione europea o un impero dei più forti camuffato da cooperazione paritaria? Quindi il referendum greco non va visto come una vittoria dei creditori sui debitori (i debiti ci sono e devono essere pagati), ma come la volontà di una nazione dell’Unione europea di sedersi al tavolo delle trattative come un membro di pari importaza agli altri e non come lo scolaro disobbediente che deve essere punito. Bene, i Greci hanno sbagliato, sono nei guai, troviamo una soluzione che salvi la Grecia e piaccia ai Greci; questa deve essere la soluzione, difficile si, ma la soluzione.
(Antonio Gabrieli)