Nell’agenda che ha fissato Matteo Renzi con i suoi parlamentari prima delle ferie estive c’è un timing che rimane fuori discussione: «Il provvedimento sulle unioni civili deve essere approvato entro la fine dell’anno». Un obiettivo temporale che ha anche una sfumatura di metodo: «Cerchiamo di fare in modo che non vi siano cambiamenti fra Senato e Camera, in modo da andare più veloci». Dentro questo schema si muove, in modo abbastanza unito, il Partito democratico. E chi segue da vicino il testo, in Parlamento, assicura che una maggioranza esiste, anche al netto dell’opposizione del Nuovo centrodestra. Del resto nello staff di Renzi si fa notare come quello delle unioni civili, dare diritti diversi dal matrimonio agli omosessuali, è un tema troppo importante, e su cui l’Italia è rimasta troppo indietro, per non procedere.
Di sicuro non sarà facilissimo: il primo problema che avrà davanti a sé il capo del governo, quando l’argomento entrerà nel vivo, sarà quello del rapporto con il partito di Angelino Alfano, il primo alleato ma anche quello che fa più resistenza, dentro la maggioranza attuale, contro il testo base che si trova a Palazzo Madama. E in commissione finora ha avuto un effetto proprio l’opposizione di senatori del Nuovo centrodestra, da Maurizio Sacconi a Carlo Giovanardi. Il secondo sarà quello di non premere sull’acceleratore prima di chiudere il capitolo della riforma del Senato, che indubbiamente sarà per il governo il test più importante, insieme alla legge di Stabilità, alla ripresa dei lavori parlamentari. Dicono ai piani alti del Partito democratico, che ovviamente sono consapevoli del rischio di un ingorgo parlamentare: «Noi stiamo cercando di mantenere un profilo il più moderato possibile, cercando di dialogare con tutti e soprattutto puntando a un testo unitario sin dal primo momento». La parola moderato in questo caso serve a rimarcare che a differenza degli altri Paesi europei le norme in discussione si differenziano dal matrimonio, sono in linea con la sentenza della Consulta del 2010, che ha individuato nel sistema giuridico attuale un vuoto normativo. E soprattutto non autorizzano quello che altrove esiste, sia in Europa che negli Stati Uniti, un vero e proprio matrimonio gay. Bisognerà vedere se tanto basterà per trovare un punto di caduta dentro la maggioranza, o se viceversa sarà necessario procedere con maggioranze diverse, «che esistono – viene fatto notare – da pezzi di Forza Italia alla sinistra di Sel. Del resto basta ricordare che anche il divorzio passò con i voti contrari della Democrazia cristiana. Insomma con tutto il rispetto possibile per le posizioni dei vescovi e della Chiesa è un tema troppo importante per fermarci». Ovviamente nello schema del premier c’è più di un filo di ottimismo: indicare fine anno come scadenza significa che per allora la riforma istituzionale avrà fatto un ulteriore passo avanti. Un capitolo ancora tutto da scrivere.