Si delinea, giorno dopo giorno, la faccia del reddito di cittadinanza cui sta lavorando il Governo. Per mantenere la promessa elettorale si attingerà a piene mani dalla pace fiscale e da un innalzamento del deficit dal 1,6% promesso all’Ue all’1,9%. Con tutte le ricadute in termini di interessi che lo Stato dovrà pagare sul proprio debito pubblico. Come spesso succede quando ci sono lavori in corso è difficile sfuggire alla tentazione di vedere cosa c’è dietro il telo e cosa nascondono le novità. Le vediamo qui di seguito in questa breve scheda dedicata appunto ai requisiti del reddito di cittadinanza: a chi spetta? Il reddito di cittadinanza andrà alle persone che vivono al di sotto di 780 euro mensili.
Scopo del reddito di cittadinanza è fare in modo che tutti gli aventi diritto abbiano un reddito non inferiore a 780 euro mensili. Il tetto è considerato per persone single senza lavoro e, quindi, senza altre fonti di reddito. Per i pensionati bisognerà aggiungere in media circa 300 euro (alla pensione minima o a quella sociale). Invece un disoccupato o un lavoratore “povero”, percettori già di una forma minimale di reddito, avrà diritto a 480 euro medi mensili (per raggiungere la cifra di 780 euro). Qualora, invece, il disoccupato non dovesse risultare percettore di alcun reddito, avrà diritto all’intero assegno di 780 euro.
Quali sono i requisiti per avere il reddito di cittadinanza?
Per avere il reddito di cittadinanza, oltre a possedere un reddito non superiore a 780 euro mensili ed essere iscritto ai centri per l’impiego, bisogna rispettare le seguenti condizioni:
- ricerca attiva di un lavoro (un po’ come succede già con la Naspi);
- partecipazione e completamento dei corsi di formazione (anche qui il requisito ricalca l’assegno di disoccupazione);
- involontarietà della disoccupazione.
Su quest’ultimo punto bisogna fare un chiarimento. Ai sensi della normativa sulla Naspi, per come interpretata dall’Inps e dalle altre istituzioni, la disoccupazione si considera involontaria quando deriva da licenziamento e da dimissioni per giusta causa (ad esempio necessitate dal mancato pagamento degli stipendi, dal mobbing, da violenze, ecc.). Nel concetto di licenziamento rientra però anche quello per “giusta causa” ossia determinato da un comportamento di solito doloso del dipendente (ad esempio quando il lavoratore resta a casa senza dare più notizie di sé al datore). Chiaramente un’interpretazione di questo tipo aumenta il rischio di frodi: per farsi licenziare “involontariamente” basta non inviare alcun certificato medico e il gioco è fatto. Questo porrà – così come già pone – sui contribuenti il peso del sostenimento di chi non vuole andare a lavorare.
Per quanto tempo si avrà diritto al reddito di cittadinanza?
Una volta riconosciuto il diritto al reddito di cittadinanza, il beneficiario ne godrà per tre anni di seguito salvo dovesse, nel periodo intermedio, perdere i requisiti (nel caso di innalzamento del reddito). Dopo i primi 18 mesi verranno effettuate verifiche periodiche.
Dopo i primi 3 anni, se il cittadino mantiene i requisiti, si vedrà rinnovare il reddito di cittadinanza. Diversamente perde il diritto.
Quando si perde il reddito di cittadinanza?
Si perde il diritto al reddito di cittadinanza innanzitutto se si supera, nell’arco del triennio, il limite di reddito di 780 euro. In secondo luogo se si rifiutano almeno tre proposte lavorative “congrue”.