I sindacati militari non ci stanno. All’orizzonte si potrebbe prospettare il voto di protesta.
Roma – Si inasprisce in queste ore la disputa tra i sindacati e la politica, “colpevole”, così si sussurra nei palazzi del potere, di essere assoggettata alle direttive dello Stato Maggiore Difesa.
Dopo mesi di trattative, di emendamenti presentati e quasi del tutto ignorati, lo Stato Maggiore della Difesa si è schierato apertamente contro i sindacati militari vietando, di fatto, l’uso di qualsiasi spazio delle Istituzioni di appartenenza, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con l’ormai nota sentenza 120/2018.
Laddove la Corte dispone che “in attesa dell’intervento del legislatore, il vuoto normativo possa essere colmato con la disciplina dettata per i diversi organismi della rappresentanza militare“, i Generali non hanno sufficienti motivazioni per applicare lo stesso trattamento ai sindacati militari, impedendo non solo lo svolgimento delle eventuali assemblee all’interno delle caserme ma, addirittura, vietando qualsiasi tipo di affissione nelle bacheche, relative a comunicati sindacali. Affissioni, peraltro, spesso consentite ad associazioni esterne al mondo militare.
Nei giorni scorsi, poi, è stata emessa una contraddittoria circolare del gabinetto del Ministro, la stessa Elisabetta Trenta firmataria dell’atto di riconoscimento dei sindacati nel gennaio scorso, con la quale si ribadisce che, al momento, le nuove associazioni sindacali possano avere rapporti con la sola forza armata di appartenenza e trattare argomenti di carattere generale.
In queste ore è trapelata la notizia, non confermata, di una missiva indirizzata a tutti i membri della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati, a firma del SIM Carabinieri e del SIULM, sindacati riconosciuti dei lavoratori militari, dai toni molto aspri, nella quale pare i sindacati intravedano accordi e compromessi tra la commissione e gli Stati Maggiori della Difesa, volti a portare in Parlamento una legge che, allo stato attuale, realizzerebbe solo in parte quanto sancito dalla Corte Costituzionale.
Nella missiva, sembrerebbe, che i sindacati siano decisi a prendere le distanze dalla commissione stessa e dai partiti di riferimento dei suoi componenti, se la proposta di legge come strutturata dovesse essere approvata relegando i militari a lavoratori non degni di tutela, e a non dare la fiducia all’attuale classe politica in previsione delle prossime elezioni amministrative ed europee, delineandosi così la concreta ipotesi di un voto di protesta.
Sarebbe un gesto eclatante che mai si era immaginato potesse arrivare dai nostri militari, che avrebbe una risonanza nazionale ed internazionale di notevole portata e che troverebbe, sicuramente, il consenso di tanti italiani, anch’essi delusi da questa classe politica, da sempre vicini alle nostre forze armate e forze dell’ordine.
Si prospettano giorni di fermento nei palazzi romani del potere, in attesa di una replica dei destinatari di questa presunta missiva.
Alessandra D’Andrea