Roma. Acque agitate nei palazzi del governo a causa della politica del “canguro”. Questi i fatti: è l’ora delle votazioni sulla riforma costituzionale che metterà fine al bicameralismo paritario dando vita al nuovo Senato composto da sindaci e consiglieri regionali. L’Aula è chiamata ad esprimersi innanzitutto sul cosiddetto «canguro», un emendamento che consente di saltare in blocco interi gruppi di emendamenti e che nella fattispecie potrebbe fare saltare la quasi totalità dei voti segreti che già erano stati autorizzati e spianare la strada all’approvazione dell’articolo 1. Poi sarà la volta degli emendamenti al comma 5 dell’articolo 2, sui quali l’incognita del voto segreto resta. Ma già da mercoledì s il «canguro» era stato oggetto di un duro scontro dentro e fuori dall’aula. Il leghista Calderoli, che nei giorni scorsi aveva provato a presentare un blocco di 82 milioni di emendamenti poi giudicati irricevibili, ha adombrato il sospetto che lo stesso senatore Cociancich, firmatario dell’intervento, non fosse consapevole del contenuto. L’ex ministro delle Riforme del governo Berlusconi ha chiesto di acquisire l’originale dell’emendamento chiedendo la verifica dell’autenticità della firma in calce con apposita perizia calligrafica. Non solo. Secondo Calderoli, Cociancich – da lui definito «un galantuomo e un ottimo senatore che lavora sempre» – «avrebbe detto a più persone che ignorava la portata del suo emendamento. Qui si è davanti a una truffa politica. Che quell’emendamento non sia sottoscritto dalla persona interessata si chiama falso in atto pubblico». Una richiesta subito liquidata dal presidente dell’assemblea Pietro Grasso: «Tutte le firme si considerano autentiche fino a prova contraria». Il premier Renzi intanto ha chiarito: «I cittadini sanno perfettamente chi sta bluffando e non dice la verità. Se presenti 70 milioni di emendamenti, anche solo per stamparli ci vogliono 3 mesi e per discuterli anni, quindi è evidente che l’obiettivo era bloccare la riforma. Ma non ce la fanno, la riforma arriverà in porto», ha detto il premier Matteo Renzi mercoledì al Tg3 a proposito delle riforme.