Un milione di immigrati da rimpatriare. La stima è contenuta nel Piano di azione pubblicato dalla Commissione Ue e si basa sul fatto che “nel 2015 i migranti irregolari che hanno ricevuto l’espulsione sono stati 533.395, mentre nel 2014 470.080. Con circa 2,6 milioni di richieste d’asilo presentate nel 2015-2016, e visto che nei primi tre trimestri del 2016 ha ottenuto l’asilo solo il 57%”.
La Commissione ha quindi ribadito il monito agli Stati membri in relazione all’aumento dei rispettivi ricollocamenti.
I Paesi che non dovessero dar luogo ai ricollocamenti dei migranti rischiano delle procedure di infrazione.
Bruxelles sollecita a fare più rimpatri dei migranti irregolari per scoraggiare nuovi viaggi – spiega il commissario Dimitris Avramopoulos – e ciò allenterà la pressione sui sistemi di asilo dei vari Paesi. La raccomandazione prevede anche sia impedita la fuga di chi rifiutasse il rimpatrio. Per queste attività, la commissione propone di aumentare il sostegno finanziario agli Stati con 200 milioni nel 2017.
“Italia e Grecia avranno il nostro pieno sostegno e aiuto nel creare i centri di detenzione”, afferma il commissario europeo alla Migrazione.
Mentre il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker nel citare anche lui “Grecia e Italia”, evidenzia come questi due Paesi abbiano “fatto sforzi importanti per rendere possibili i ricollocamenti: ora tocca agli altri Stati far fronte ai propri obblighi”. Juncker lo scrive in una lettera inviata al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk in vista del summit dei capi di Stato e di governo della prossima settimana. “La Commissione – scrive Juncker – userà ogni strumento a disposizione per assicurare che gli impegni siano rispettati”.
Avramopoulos chiarisce poi una delle azioni contenute nelle Raccomandazione sui rimpatri della UE: “Gli Stati membri dovrebbero ricorrere ai centri di detenzione quando i migranti irregolari non collaborano o c’è il rischio di fuga, e per un periodo che permetta la definizione della procedura di allontanamento dal territorio. Ed è uno strumento da utilizzare quando non ve ne siano di meno coercitivi, ma efficaci”.
“La direttiva europea sui rimpatri prevede sei mesi per la permanenza in questi centri, ma può essere prolungata fino a 18 in casi molto speciali. In alcuni Paesi la durata massima prevista dalle leggi nazionali è molto più corta, il risultato è che il tempo a disposizione non è sufficiente per ultimare con successo le procedure dei rimpatri. Quindi incoraggiamo gli Stati membri di fare pieno uso della direttiva”. “Questi centri non devono essere considerati come campi di concentramento e non c’è azione di respingimento. “Tutto avviene nel pieno rispetto dei diritti umani”, afferma Avramopoulos, spiegando anche che “sui centri di detenzione fuori dall’Europa in passato ci sono state idee ma non ci siamo ancora”. “Se gli Stati membri non aumenteranno presto i rispettivi ricollocamenti, la Commissione non esiterà ad avvalersi dei poteri ad essa conferiti dai trattati nei confronti di chi non avrà rispettato gli obblighi derivanti dalle decisioni del Consiglio”. Bruxellles avverte inoltre che “l’obbligo giuridico di ricollocare le persone ammissibili non decadrà dopo il mese di settembre”.
Infatti una delle azioni sollecitate nella raccomandazioni della Commissione europea agli Stati, per rendere più efficaci le procedure di rimpatrio, è di “impedire la fuga trattenendo i migranti che lasciano intendere di non voler ottemperare alla decisione di rimpatrio che li riguarda, per esempio rifiutandosi di collaborare nel processo di identificazione o opponendosi in modo violento o fraudolento ad un’operazione di rimpatrio”. Per Avramopoulos “garantire che i migranti irregolari siano rimpatriati rapidamente non solo allenterà la pressione sui sistemi di asilo degli Stati membri” ma “permetterà di mantenere adeguate capacità di protezione per chi ne ha realmente bisogno, ma sarà anche e soprattutto un segnale forte per scoraggiare i pericolosi viaggi della speranza verso l’Ue”. “Dobbiamo dare protezione a coloro che ne hanno bisogno, ma dobbiamo anche rimpatriare chi non ha diritto di rimanere nell’Ue, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e del principio di non respingimento”, aggiunge Avramopoulos.
La Commissione europea nel suo Piano d’azione per accelerare sui rimpatri propone quindi di “Aumentare il sostegno finanziario agli Stati membri con 200 milioni di euro nel 2017 destinati alle attività nazionali in materia di rimpatrio, nonché a specifiche attività comuni europee di rimpatrio e reintegrazione”.
Nonostante il nuovo record mensile registrato in febbraio (circa 1.940 relocation), “il ritmo attuale rimane ben al di sotto delle attese e inferiore all’obiettivo approvato dal Consiglio europeo di almeno 3.000 trasferimenti mensili dalla Grecia e a quello stabilito dalla Commissione di almeno 1.500 mensili dall’Italia. Ad oggi, i ricollocamenti sono stati in tutto 13.546, di cui 3.936 dall’Italia e 9.610 dalla Grecia”.
L’aspetto più importante è che “a questo ritmo non sarà possibile ricollocare entro settembre 2017 tutti i richiedenti ammissibili attualmente presenti in Grecia e in Italia, sebbene di per sé ciò sia perfettamente realizzabile”. Finora solo due Stati membri – Finlandia e Malta – provvedono nei tempi ai propri obblighi nei confronti sia dell’Italia che della Grecia, mentre alcuni – Austria, Polonia e Ungheria – rifiutano qualunque tipo di partecipazione al programma ed altri stanno rispettando gli impegni in misura molto limitata – Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca e Slovacchia .
L’Italia, la Grecia, le agenzie dell’Ue e le organizzazioni internazionali hanno aumentato le loro capacità e sono pronte e in attesa di contribuire alla realizzazione degli obiettivi mensili. “Spetta ora agli altri Stati membri – si spiega nel documento – adempiere in ugual misura ai loro obblighi. La Commissione sollecita la presidenza maltese e gli Stati membri a dar seguito all’appello della Commissione in occasione del Consiglio Giustizia e affari interni di marzo”. Avramopoulos indica la possibile apertura di procedure di infrazione: “non ci siamo ancora, ma il messaggio è chiaro: se gli Stati nei mesi a venire non daranno risultati tangibili, non esiteremo a fare uso dei poteri che ci conferiscono i Trattati. Fino ad oggi abbiamo cercato di convincerli, ma se sarà il caso, nel futuro l’infrazione sarà un’opzione”.
“Non ci sono più scuse per gli Stati sui ricollocamenti, devono attuare”, ed annuncia che col ministro della presidenza maltese ha inviato una nuova lettera di sollecitazione a tutti i ministri dell’Interno.
I Paesi dell’Ue rischiano di dover “rimpatriare oltre un milione” di migranti. E’ quanto sostiene il Piano di azione pubblicato dalla Commissione Ue. Il calcolo si basa sul fatto che “nel 2015 i migranti irregolari che hanno ricevuto l’espulsione sono stati 533.395, mentre nel 2014 470.080. Con circa 2,6 milioni di richieste d’asilo presentate nel 2015-2016, e visto che nei primi tre trimestri del 2016 hanno ottenuto l’asilo solo il 57%, gli Stati potrebbero dover rimpatriare oltre un milione di persone”.