Roma – “Nel 2011 i voucher venduti sono stati 15 milioni, nel 2015 hanno raggiunto i 115 milioni. Alla base di questo boom c’è una lunga serie di interventi normativi che hanno progressivamente ampliato sia le categorie di prestatori di lavoro accessorio sia gli ambiti di attività remunerabili tra mite i voucher, fino alla liberalizzazione del 2012″. E’ quanto rileva il rapporto Inps.
Il numero di voucher riscossi da lavoratori che hanno prestato attività di lavoro accessorio concluse nel 2015 “è pari a quasi 88 milioni. Questo importo non rappresenta dunque il riscosso dei voucher venduti nel 2015: infatti quest’ultimi sono utilizzati per attività svolte in parte nello stesso anno, in parte successivamente. Simmetricamente, l’importo degli 88 milioni di voucher riscossi per attività concluse nel 2015 è relativo a voucher venduti in parte nello stesso anno, in parte in precedenza”.
L’Inps, che decide un capitolo al fenomeno, rileva poi che i lavoratori che hanno svolto attività di lavoro accessorio, tra il 2008 e il 2015, sono stati 2.508.131, i committenti 815.979. Rispetto alla distribuzione territoriale, l’Inps segnala che il ricorso ai voucher è concentrato nel nord: nel Nord-est ne sono stati venduti 104,3 milioni (37,6%), nel Nord-ovest 81,0 milioni (29,2%).
La regione nella quale si è avuto il maggiore ricorso ai voucher è la Lombardia, con 47,5 milioni di buoni lavoro venduti. Seguono Veneto e Emilia Romagna. Nella sua relazione il presidente Tito Boeri sottolinea “le patologie sottese al boom dei voucher. Solo poco più di un voucher su dieci corrisponde a un secondo lavoro e, in non pochi casi (in 4 casi su 10), rappresenta l’unica fonte di reddito“.
Per Boeri “raramente il voucher comporta emersione di lavoro nero: se consideriamo gli uomini in età centrali, individui che nella stragrande maggioranza dei casi lavorano, troviamo pochissime persone (attorno allo 0,2% dei percettori di voucher) prive di una posizione contributiva al di fuori del voucher. Ci sono poi vere e proprie forme di cronicità nell’uso di questo strumento con un lavoratore a voucher su 6 che risulta privo di una qualsiasi posizione previdenziale”. Insomma, i buoni lavoro sono “utilizzati spesso con finalità molto diverse da quelle che si era posto il legislatore all’atto della loro prima introduzione, coinvolgendo una platea molto più ampia di quella inizialmente prefigurata”. (Di.re)