Editoriale – C’era una volta il Valoroso P, animale sociale e politico per natura che, come guida, usava la ragione nelle singole vicende della vita, con l’ausilio della luce dell’intelletto, capace di penetrare le profondità dell’essere umano. Era forse il tempo di quel grado di mitezza dell’essere, che lo rendeva capace di sé, quindi rivoluzionario, in grado di governarsi e governare, capace di fare la differenza tra il bene e il male, capace di ridimensionarsi perché riconosceva il limite del rimanere solo. Capì l’importanza dello stare insieme, conobbe la parola Noi, la preferì ad ogni bene materiale e la praticò, innanzi tutto, nell’amore, poi nella società e nel lavoro.
Un senso acuto di famiglia, del suo dato naturale di consortium totius vitae, pervase l’esistenza del Valoroso P, consapevole e libero. Comprese l’importanza del giudicare, atto della ragione e non della volontà, capì che l’essere razionale era dotato di una facoltà particolare, l’intelligenza che mai avrebbe potuto ubbidire alla mera volontà, irrazionale e propria degli animali, in cui l’istinto prevale su sconnesse azioni dettate dai sensi, dalla formalità dell’apparire, per il proprio giovamento, soddisfazione personale, ottusità di vedute che rispecchiano l’io sfrenato dissoluto ed egoista. Capiva che, senza razionalità, era assai semplice deviare verso scopi di morte, non di vita, tanto meno di bene, poiché la tendenza era focalizzare ogni azione su se stessi, sulla concezione egoistica del bene, sull’autoreferenzialità.
Il Valoroso P, Valoroso essere Pensante, di cui si cercano tracce, aveva ben chiaro che il bene più grande di cui si può avvedere la persona, per l’esistenza dell’umanità, la sussistenza della vita, è la ragionevolezza della libertà, soprattutto il rispetto della libertà rapportata ad altra libertà. Solo così acquisisce consapevolezza che egli, la persona, viene alla luce, nasce in un’altra persona, un altro da sé. E, se la moralità è l’assunzione decisa, e quindi responsabile dell’atto dell’autorealizzazione, l’etica è l’assunzione decisa, e quindi responsabile, dell’atto libero della valorizzazione di sé. C’era una volta il Valoroso essere Pensante, il solo in grado di domare la confusione ed esercitare la sua intelligente umanità.
(Maria Francesca Carnea)