Roma – ” la richiesta dell’uso della base risale non ad alcune settimane fa ma dalla primavera dello scorso anno. Non vedo nessun collegamento con l’appello degli Stati Uniti ad un impegno maggiore in Libia e la concessione di Sigonella. Fa tutto parte di una modalità che è stata concordata mettendo a punto tutte le procedure necessarie”. Così’ il vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali, il gen. Vincenzo Camporini in una intervista alla rivista digitale specializzata Fly Orbit News.it sul fatto che le trattative tra Italia e USA si sono prolungate perché’ il nostro paese teme ripercussioni sulla sicurezza. Secondo Camporini “non c’è’ un legame diretto tra le due cose ma immagino ci fossero preoccupazioni sulla legittimità delle operazioni in cui queste decisioni sono state prese. Non credo ci sia preoccupazione su un rischio addizionale”. E riguardo la legittimità’ ha precisato: “Sigonella è una base italiana, in territorio italiano, su cui vige la legge italiana. Come sono italiane le basi di Aviano e le altre istallazioni in uso alle forze alleate. Le nostre basi hanno però un etichetta NATO e per questo possono essere usate dagli altri paesi dell’alleanza per attività direttamente connesse al Patto. Se tuttavia c’è un’attività che non rientra tra quelle deliberate dal Consiglio Atlantico, si pone un problema da punto di visto politico. E per questo è necessario verificare con un’analisi accurata, che richiede tempo, se ciò che l’altro paese vuole fare è accettabile. Non si possono dare degli assegni in bianco a chiunque. C’è grande attenzione per far si che gli accordi internazionali non siano strumentalizzati per attività nazionali straniere che non passino per la nostra autorizzazione”. Per evitare un’altra Siria, e’ stato chiesto a Camporini, dove la mancanza di un esercito sul campo di battaglia ha complicato la situazione, nel caso della Libia l’intervento di terra è più probabile? “L’evento di terra – e’ il ragionamento dell’ex capo di stato maggiore della Difesa – lo si può fare con scarponi sul terreno di cui non è obbligatoria la nazionalità. Se si trova un accordo con le autorità libiche, quando queste, se mai formeranno un governo, per definire delle unità che possono anche essere preparate in anticipo, gli scarponi sul terreno possono essere i loro. Sarebbe sicuramente la soluzione preferibile”.