Roma – L’Aula della Camera ha approvato con 361 voti a favore, 7 contrari la riforma costituzionale del Senato e del Titolo V. Hanno lasciato l’Aula tutti i deputati delle opposizioni appartenenti ai gruppi Fi, Lega, M5S e Sel.
I presenti infatti erano 370, votanti 368.Con la sesta e ultima votazione il provvedimento, secondo quanto previsto dall’articolo 138 della Costituzione, non avendo ottenuto la maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna Camera, può essere sottoposto a referendum popolare.
“Con il voto di oggi siamo giunti al termine di un percorso parlamentare lungo e travagliato. Ora la parola passa ai cittadini che, con il referendum del prossimo autunno, esprimeranno la loro opinione sulla riforma della Costituzione”, Così la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini. “Il mio auspicio e’ che si sviluppi un confronto pacato, sul merito delle decisioni prese. Per questo ritengo che sarà più che mai necessaria un’informazione puntuale sul contenuto del referendum. Che ad esprimere il loro voto siano cittadini consapevoli è nell’interesse sia dei sostenitori che di chi si è opposto. Ma è soprattutto nell’interesse della democrazia italiana”.
Se il referendum confermasse il testo approvato dal parlamento finirebbe il bicameralismo paritario e verrebbe modificato il Titolo V della Costituzione, con una nuova ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni e la cancellazione della competenza concorrente. Queste in sintesi le linee portanti del disegno di legge approvato definitivamente dai due rami del parlamento che interviene sulla seconda parte della Costituzione.
Il rapporto fiduciario con il governo e il controllo del suo operato e la funzione di indirizzo politico saranno attribuite solo alla Camera, che continuerà ad essere composta da 630 membri.
Al Senato saranno invece attribuite la funzione di rappresentanza degli Enti territoriali nonché di raccordo tra lo Stato e gli altri Enti costitutivi della Repubblica; il concorso all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabilite dalla Costituzione; il concorso all’esercizio di funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri Enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea; la partecipazione alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea; la valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle Pubbliche amministrazioni; la verifica dell’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori; il concorso all’espressione dei pareri sulle nomine di competenza del governo nei casi previsti dalla legge; il concorso alla verifica dell’attuazione delle leggi dello Stato.
Alla Camera è attribuita la competenza ad assumere la deliberazione dello stato di guerra, a maggioranza assoluta, e ad adottare la legge che concede l’amnistia e l’indulto, con deliberazione assunta con la maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione. La Camera è inoltre competente ad autorizzare la ratifica dei trattati internazionali, ad eccezione di quelli relativi all’appartenenza dell’Italia all’Ue, che rientrano tra i casi di approvazione bicamerale.
E’ riconosciuto al governo il potere di chiedere che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma sia iscritto con priorità all’ordine del giorno della Camera e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della stessa entro il termine di settanta giorni, ulteriormente prorogabili per non oltre quindici giorni.
Altre disposizioni concernono la decretazione d’urgenza ed il relativo procedimento di conversione. In particolare, la riforma introduce in Costituzione alcuni limiti. Ad esempio i decreti legge devono contenere misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Nel corso dell’esame di disegni di legge di conversione in legge, non possono essere approvate disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto. (segue)
Il Senato sarà composto da 95 membri rappresentativi delle istituzioni territoriali e da 5 senatori di nomina presidenziale (cui si aggiungono gli ex Presidenti della Repubblica). I 95 senatori saranno eletti dai Consigli regionali tra i propri membri e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. La scelta dovrà avvenire in conformità alle indicazioni espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi. Il Senato diviene così organo a rinnovo parziale, non sottoposto a scioglimento, poiché la durata dei senatori eletti coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati espressi.
Cambia naturalmente la ripartizione della funzione legislativa. Restano immutate le competenze dei due rami del Parlamento solo per alcune determinate categorie di leggi, espressamente indicate dalla Costituzione, che saranno quindi ad approvazione bicamerale. Tutte le altre leggi sono approvate dalla sola Camera dei deputati. Al Senato viene comunque attribuita la formulazione di proposte di modifiche, che saranno poi esaminate dalla Camera, la quale potrà discostarsene a maggioranza semplice; la maggioranza assoluta nel voto finale è richiesta solo ove la Camera intenda discostarsi dalle proposte di modifica del Senato riguardanti le leggi che danno attuazione alla cosiddetta clausola di supremazia.
Il Senato può altresì richiedere alla Camera, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, di procedere all’esame di un progetto di legge. Inoltre, i senatori mantengono inalterato il loro potere di iniziativa legislativa, fermo restando che, ad eccezione dei disegni di legge ad approvazione bicamerale, per tutti gli altri l’esame inizia alla Camera.
Viene profondamente rivisto il riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e Regioni, oggetto dell’articolo 117 della Costituzione. Scompare, in particolare, la competenza concorrente, con una redistribuzione delle materie tra competenza legislativa statale e competenza regionale.
Tornano allo Stato alcune competenze “esclusive”: energia, infrastrutture strategiche, politiche attive e grandi reti di trasporto. Cancellazione definitiva delle Province dalla Costituzione e chiusura del Consiglio nazionale dell”economia e del lavoro (Cnel).
Spetterà allo Stato insomma la competenza sulla tutela del lavoro, sulle politiche attive e sulla sicurezza alimentare sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. E ancora: spetteranno allo Stato, oltre la competenza sui mercati finanziari anche quella sui mercati assicurativi. Fra le altre materie resteranno inoltre alla competenza esclusiva dello Stato la produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell”energia e le infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e navigazione d”interesse nazionale e porti e aeroporti di interesse
nazionale e internazionale.
Non solo. Allo Stato sarà affidata la competenza esclusiva sulle “politiche sociali”; quella in materia di tutela, sicurezza e politiche attive del lavoro, tutela alimentare e promozione della concorrenza
Alle Regioni rimarrà il potere di legiferare su “pianificazione del territorio regionale, mobilità al suo interno, dotazione infrastrutturale, programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito dei servizi alle imprese e in materia di servizi scolastici, istruzione, promozione del diritto allo studio, anche universitario”.
Inoltre, è introdotta la cosiddetta ‘clausola di supremazia’, in base alla quale la legge statale -su proposta del governo- può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero al tutela dell’interesse nazionale.
L’articolo 116 della Costituzione disegna il cosiddetto regionalismo differenziato. Alle Regioni a statuto ordinario, con legge approvata da entrambe le Camere e d’intesa tra lo Stato e la Regione interessata, possono cioè essere attribuite particolari forme di autonomia a condizione che presentino un equilibrio di bilancio tra le entrate e le spese. Il procedimento non si applica alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome fino all’adeguamento dei rispettivi statuti.
Dunque viene rafforzato il federalismo differenziato: le Regioni più virtuose (quelle che hanno i conti in ordine) avranno più possibilità di devoluzione di poteri dalla Stato (politiche attive del lavoro, istruzione e formazione professionale, commercio con l”estero, giustizia di pace, disposizioni generali e comuni per le politiche sociali).
La riforma prevede anche un tetto massimo agli stipendi degli amministratori regionali: non potranno superare quelli dei sindaci del comune capoluogo. Il Senato dovrà esprimersi obbligatoriamente sullo scioglimento dei consigli regionali.
L”articolo 33 del ddl modifica l”articolo 119 della Costituzione sull”autonomia finanziaria degli enti territoriali. Con l’articolo Comuni, Città metropolitane e Regioni avranno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell”equilibrio dei relativi bilanci, e concorreranno ad assicurare l”osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall”ordinamento dell’Unione europea.
Sarà poi una legge dello Stato a definire “gli indicatori” di riferimento “di costo e fabbisogno che promuovo condizioni di efficienza nell”esercizio delle medesime funzioni”.
L”iter della riforma si concluderà in autunno, quando probabilmente ad ottobre si terrà il referendum. Con la riforma Boschi cambia la struttura delle Regioni – ancora in vigore – deriva da una serie di riforme del Titolo V cominciate negli anni Settanta e terminata con la riforma del 2001 (approvata con una maggioranza di centrosinistra e poi confermata da un referendum).