di Maria Francesca Carnea – Và dove soffia il vento! Ma che eleganza: la grande presa di Roma, e con Roma il buzzo di altri territori. E, mentre inizia, con convinzione, il Popolo d’Europa a lamentare e rigettare le politiche estenuanti di austerità, si è avviata, in dipartita, la partitura fragorosa dalla Gran Bretagna, in Italia non si tiene conto che metà circa della popolazione non va a votare, si ignora il popolo che non viene soddisfatto da proposte liquide, inconsistenti, dettate da rivendicazioni. Il ‘nuovo’ è imposto dalla non partecipazione al voto di cittadini che non trovano rappresentanza, non sono coinvolti e motivati, e vanno sempre più crescendo di numero sul territorio, con dignità e con operosa coerenza, nel silenzio di chi ignora. Ciò testimonia come si viva in un Paese di cui, chi non comunica, o comunica ciò che è a proprio vantaggio, alimentando odio e discredito, ambisce a essere dominus gregis, poiché di questo che si vuole essere capi, del gregis, perché il bene comune è Altro e Alto argomento che richiede struttura politica e competenza valoriale, stima anche di coloro che, politicamente, si avversano.
La cultura del silenzio, del rimandare, che equivale al non prendersi responsabilità, è la morte delle prospettive di sviluppo in divenire, e si vive in quei paesi dove a governare sono coloro che ripetono mosse dettate da fili di comando. La buona educazione implica confronto civile su questioni di fragilità socio-politiche e la crisi dei partiti, come anche lo stadio orfano di rappresentanza di una parte della popolazione, non vengono presi in considerazione: i personalismi hanno dettato strade approssimative e pericolose. È piuttosto la coralità che alimenta giusta armonia per una sinfonia prospettica capace di essere ascoltata. La fragilità socio-politica nei territori chiede attenzione, e la società civile, come la politica vanno nobilitate di contenuti, di atteggiamenti e condotte che sappiano testimoniare vigore virtuoso, di equità, di congiunzione tra i crescenti divari sociali, invece di approssimazione strumentale che ridicolizza la politica e le persone.
Ergo: “La politica emotiva non è politica, l’emotività non è il soggetto della politica, soggetto della politica è l’intelletto speculativo che induce all’azione responsabile, capace sicuramente di emozionare, ma nell’esercizio pratico della carità intellettuale, poiché la Politica è espressione più alta della carità!”. Continuo a credere che una buona Italia politica c’è, come all’unione degli Stati d’Europa, capaci di guardare Alto, che non mantengano basso lo sguardo, che non disprezzino, discreditino o separino, trascinando altri a guardare basso, inducendo al silenzio, ignominia maleodorante. La critica costruttiva è necessaria, utile, e può solo far crescere, o si deve ipotizzare che ciò che si vuole è l’esatto contrario?!