Redazionale – Il giorno del Giovedì è uno dei giorni più difficili da diversi punti di vista. Nella storia, però contrariamente a quanto si possa pensare non è mai appartenuto al Triduo. Nellultima riforma del Vaticano II è però entrato a farne parte, o meglio a esserne unintroduzione. Infatti il giovedì appartiene a due tempi liturgici. Innanzitutto è lultimo giorno della Quaresima, con esso finisce anche il digiuno quaresimale. Con esso però, o meglio con la Messa In Coena Domini, inizia anche il Triduo pasquale dei tre giorni «Passionis et Resurrectionis Domini», che si conclude con i secondi vespri della Domenica di Pasqua. Abbiamo dunque un triduo, con quattro momenti diversi, che nei libri liturgici non è molto esplicito. Un altro fatto su cui approfondire è legato alla Messa crismale abitualmente celebrata giovedì mattina. La celebrazione, anche se non appartiene al Triduo stesso è importante in quanto serve a consacrare gli oli necessari per il Sacramento dellIniziazione cristiana e dellunzione degli infermi nella Veglia di Pasqua.
Dalla storia abbiamo dedotto che questa celebrazione non è legata in modo fisso a quel giorno. Essa è segnata solo come lultima messa di Quaresima prima della celebrazione della Veglia. Infatti sia venerdì che sabato sono giorni aliturgici cioè senza la celebrazione di Eucaristia. Questa prassi viene ancora gelosamente custodita dalle diverse Chiese. Qui menzioniamo anche il digiuno intrapasquale di questi due giorni che non è più penitenziale, ma viene legato allattesa della risurrezione o attesa escatologica di Cristo nella seconda venuta. I Padri hanno sottolineato anche un altro aspetto, quello cioè del vangelo: Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno (Mt 9,14-15). Dunque, mentre il Maestro non cè più i discepoli digiunano fino alla festa di Pasqua.
La Tradizione Romana fino al VII sec. conosce solo la celebrazione della riconciliazione dei penitenti. Non si trova nessun accenno alla celebrazione della Coena Domini in quanto solo nella Notte Santa si celebrerà, come suo culmine, la liturgia eucaristica, lEucaristia di Pasqua, di Cristo Risorto. Nelle altre Chiese abbiamo alcuni accenni di due messe (ad es. in Agostino). Un certo sviluppo avviene a partire dal VII sec. quando si celebreranno tre messe: la prima della riconciliazione dei penitenti, la seconda con la consacrazione degli oli, verso mezzogiorno, e la terza la sera. È interessante notare che sia la seconda che la terza Messa non avevano la Liturgia della parola, ma iniziavano con lofferta. Il giovedì però abbiamo altri due riti che pian piano verranno sempre più considerati. Il primo è la lavanda dei piedi, il secondo, invece, la deposizione e ladorazione eucaristica. Il primo proviene dalla Chiesa di Gerusalemme. Le prime testimonianze si hanno fin dal V sec. Inizialmente esprimeva il mandatum di Cristo: «affinché come ho fatto io, facciate anche voi.» (Gv 13,15) non umiliazione dunque, ma prevalentemente lamore e il servizio. Il gesto è molto accentuato nella tradizione monastica in riferimento allaccoglienza degli ospiti. Nella liturgia invece entra verso il VII sec. Il concilio di Toledo del 694 lo considera come semi-liturgico. Più tardi assume un significato diverso, quello cioè di umiliazione di Cristo. Ambrogio invece lo collega con il battesimo come gesto di purificazione del cristiano. Qualche studioso però, avanza lipostesi, che, specie nella tradizione giovannea, come sia gesto del battesimo stesso; ipotesi oggi poco sostenibile. Nella liturgia romana si presenta con larrivo del Pontificale Romano Germanico, ma non inserito nella messa bensì nei vespri. Il secondo, e cioè la deposizione del Santissimo e ladorazione è assai antico. Ne troviamo menzione ad es. nel Ordo Romanus Primus. Le specie consacrate rimanenti venivano conservate, dopo la celebrazione, in un cofanetto apposito nella sacrestia, ma senza particolari segni di onore. Il giorno della successiva celebrazione, venivano riportate al pontefice nel presbiterio. Ivi, dopo esser state da lui adorate per qualche momento, venivano usate per la comunione nella celebrazione stessa. Ladorazione eucaristica inizia verso XIII sec. quando Urbano IV estende a tutta la Chiesa la festa del Corpus Domini. Il tabernacolo provvisorio del Giovedì santo diventa allora un punto focale della devozione eucaristica. In questo contesto, con laggiunta di segni di tristezza ed emotività, il tabernacolo diventa il sepolcro, anche se non si è celebrata ancora la morte di Gesù. Sicuramente su ciò ha influito la perdita del tema della doppia traditio, cioè quella di Cristo nel sacramento, che si consegna alla Chiesa, e quella di Giuda che consegna Cristo alla morte. In questo senso forse sarebbe più facile vedere il collegamento con il mistero della Pasqua. Staccandolo dalla tradizione si rischia un eccessivo accento delladorazione, che falsa la celebrazione. I riti odierni del giovedì santo sono stati rivisti sia dalla prima riforma del 1955 che da quella del Vaticano II. La Chiesa vuole che la messa In coena domini sia concelebrata e con più solennità. I temi da richiamare allattenzione dei fedeli sono: listituzione dellEucaristia e del sacerdozio ministeriale, e il comandamento dellamore fraterno. La colletta è stata sostituita. Quella precedente che parlava della traditio è cambiata con una di nuova composizione: Sacratissimam, Deus, frequentantibus Caenam
, che esprime meglio il senso della celebrazione. In questo senso sono state anche cambiate le letture. La 1Cor 11, 20-32 fu cambiata con un brano dellEsodo (12,1-8.11-14) che contiene le prescrizioni per la pasqua ebraica. Segue il Salmo con il responsorio: Che cosa renderò al Signore
alzerò il calice della salvezza. Esso introduce la seconda lettura dalla 1Cor 11,23-26. La pericope del vangelo, invece, non è stata cambiata. Dopo lomelia, pro opportunitate si procede alla lavanda dei piedi, che in confronto con lOrdo precedente è stata semplificata. Lorazione sulle offerte è stata sostituita, come anche il prefazio: quello della Croce con uno nuovo dellEucaristia. Si conserva il canto Ubi caritas et amor, oggi proposto per la processione delle offerte. Così anche il canone con le parti proprie. Non si parla più dei salmi durante la comunione, che dovevano soddisfare lobbligo del vespro. Esso semplicemente non si dice più. Dopo la celebrazione, il Santissimo sacramento viene portato processionalmente al tabernacolo provvisorio, dove si potrà svolgere unadorazione protratta, ma le rubriche suggeriscono che questa sia fatta senza particolari solennità. Dopo la celebrazione si compie la spogliazione dellaltare. Non è più un rito particolare , ma tutto si svolge con semplicità.