Editoriale – “Rispetto che l’uomo, conscio del proprio valore sul piano morale, deve sentire nei confronti di sé stesso e tradurre in un comportamento e in un contegno adeguati”. Questo uno dei risultati ricorrenti nei vocabolari della lingua italiana alla parola “dignità“. Un valore, una virtù, un modus vivendi che caratterizza la persona per bene, e ne eleva il suo spessore morale, etico e culturale. La dignità non ha ceti sociali, non ha regole scritte da nessuna parte, se non dettate dal bon ton e dal saper dare il giusto valore e rispetto alla propria vita, a quella degli altri uomini e degli esseri viventi in generale. Dignità è anche rispetto della natura, dell’ambiente e di ciò che ci circonda. Dignità è saper condurre una vita tenendo conto che ci sono alcuni limiti che non si possono superare, non tanto per gli altri quanto per sè stessi. Ma se da una parte il progresso ha semplificato la vita dell’uomo, e lo ha dotato di tantissimi strumenti frutto di studi e ricerche delle generazioni che si sono susseguite, dall’altra però il potere e l’alterigia, la ricerca di un qualcosa a tutti i costi ha annullato di fatto il ruolo della dignità. Nella società del terzo millennio, sembra quasi una parola fuori moda, e che andava bene ai tempi ormai andati, di prime Repubbliche o di epoche medievali. Quando si vuole raggiungere un fine, il proverbio ammette tutti i mezzi. Ovviamente è una metafora, sulla quale abbiamo il dovere di riflettere. Oggi più che mai a crisi dilagante avanzata, la società non ha altra scelta che ritrovare il valore dell’aiuto reciproco, senza necessariamente dover pretendere nulla in cambio. Come una volta, quando i vicini di casa erano come parenti, non litigavano per ogni sciocchezza, come accade oggi. L’uomo avanzato del terzo millennio, sta perdendo questa dignità, poichè il raggiungimento dei mezzi (leciti o meno) è diventata una sorta di autorizzazione a procedere sempre e comunque, a danno di chiunque. Pur di raggiungere uno scopo. Ma cosa ancorpiù grave è la facilità con cui si danneggiano altri, senza curarsi delle conseguenze che ne derivano. Il senso di responsabilità quella del buon padre di famiglia era una forma di dignità, sopra la quale non poteva passare nulla. Chi sbagliava veniva punito, e chi era meritevole veniva premiato. La nostra società è priva di questi parametri, specialmente in politica, laddove sembra essere diventata una zona franca per la dignità dell’uomo, che pur in qualsiasi carica, resta uomo, pro-tempore e come tale destinato, come tutti noi a terminare la propria esistenza secondo i piani Divini. Il potere, la sopraffazione a qualunque titolo esercitata costituiscono una violazione alla dignità di chi compie gli atti. Come nel bullismo. In apparenza l’autore di violenze, sembra voler far perdere dignità alla vittima, quando in realtà ad essere calpestata in primis è proprio la sua. Ecco cogliamo l’occasione per riflettere, per agire, e per riaffermare la nostra dignità ogni mattina davanti a quello specchio al quale ci troviamo con gli occhi ancora pieni di sonno. Dignità è valore. Dignità è saper sospendere i conti, anche se non sono ancora pareggiati.
Daniele Imperiale
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