Editoriale – Abbiamo avuto in dono la facoltà del libero arbitrio al fine di poter decidere e valutare. Le evoluzioni della vita moderna, a terzo millennio avanzato non trovano però rispondenze nell’intelletto umano. Il progresso che segue di generazione in generazione ha portato alta tecnologia, strumenti di grande utilità sociale, e chi ha le disponibilità economiche praticamente può fare tutto, o quasi. Il sistema moderno però ha le sue falle, e probabilmente l’intelligenzia dell’homo sapiens o meglio ancora dell’uomo scimmia sovrasta i limiti dell’uomo. Si può sbagliare, quindi avvalersi dell’errata corrige, ossia di recuperare e di mettersi in discussione. Un concetto tanto poco caro all’uomo del duemila, quanto poco è caro l’esercizio delle dimissioni in politica. E così mentre un tempo gli uomini senza fissa dimora, con le case-capanne intelligenti che resistevano ai più violenti terremoti, erano in grado di fare squadra, aiutarsi reciprocamente senza necessariamente dover pretendere qualcosa in cambio, oggi l’uomo del terzo millennio è praticamente in guerra perenne con se stesso. E’ un ceppo sociale, quello con la forma mentis della lamentela continua, della contumelia e della maldicenza generalizzata, con una indole che riesce a fornire un sorriso, mascherato però dall’odio e dal tradimento puro. Ceppi che costituiscono il primo limite per loro stessi, ed il secondo è per la società che suo malgrado ne subisce le conseguenze e le nefandezze. Del resto l’extraomnes, non è certo solo una pratica religiosa che vede protagonisti gli autorevoli Cardinali, quando si chiudono nel conclave della Cappella Sistina in epoche di elezioni Papaline. Quando il libero arbitrio tende ad eliminare tutto ciò che sia un possibile ostacolo alla conservazione più stagnante, il ceppo sociale affetto da questa patologia è portato a voler eliminare ogni causa presumilbilmente ostativa. Almeno in apparenza. A qualsiasi costo, in barba ai dettami dell’amicizia, della solidarietà e del giusto riconoscimento nei rapporti umani, sociali e lavorativi. Ogni azione è causa di reazione, e la facoltà di autocontrollo a volte perde la sua linearità, sfociando nella conseguenza irritativa, la quale non fa altro che perorare la causa dell’istante. E quindi all’esercizio dell’extraomnes si deve rispondere con dei fatti da mettere in pratica con certosina lucidità e lungimiranza. Certo è che chi pensa di dichiarare guerra, prima dovrebbe verificare di avere al suo fianco le truppe, perchè ai generali senza truppe tagliano poi la barba, i baffi e talvolta anche altro. Anche le epoche medioevali, quelle rinascimentali, evidenziano una società nella sua durezza, ma anche in una relativa logica di partite di scacchi giocate comunque petto a petto, prescidendo poi dal risultato finale. Si chiama coraggio, determinazione, lealtà. Ci vuole lealtà anche nel dichiarare una guerra, o nell’aprire un contenzioso. Diversamente da tutto questo, l’uomo del terzo millennio, sopravvive, esalta la strilloneria e ne subisce il fascino e le dirette conseguenze. Esiste però anche una minoranza, non di certo politica, ma di ratio che sà cogliere e valutare, utilizzando l’esercizio del libero arbirtrio nella funzione off. Dunque la società dell’extraomnes piu’ che evoluzione, chiamamola involuzione.
Daniele Imperiale
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