Roma – La Gran Bretagna ha creato un precedente non di poco conto, sia sotto il profilo della Europa stessa ma sia anche a livello internazionale. Un gesto, quello relativo alla decisione di uscire dall’Europa che la dice tutta sui rischi ancora piu’ incombenti sul sistema finanziario italiano, già alquanto precario di suo. Ovviamente gli effetti di questa uscita si stanno ripercuotendo in maniera negativa e soprendente sui mercati finanziari, borsa e chi piu’ ne ha ne metta. Una certa nonchalance, ha caratterizzato gli inglesi anche il giorno dopo a questo evento che apre di fatto un nuovo percorso storico, etico e culturale, ma soprattutto finanziario. Dunque a noi italiani tentano di far credere nella ripresa, prima annunciata poi riveduta e corretta, poi stagnante. Risultato certo: classe dirigente in panciolle e con comode pantofole piumate, con sicurezze probabilmente nascoste in altri Stati esteri, e l’italiano medio che si lamenta del sistema, ma poi in fondo lo sostiene in uno stato di passività che non rende certo giustizia alle rivoluzioni e alle lotte delle generazioni che ci hanno preceduto. La prima repubblica italiana la dobbiamo rimpiangere. Soprattutto gli statisti e quegli italiani di un tempo. Gente a schiena dritta pronta a combattere. Oggi regna la piu’ assoluta conservazione mascherata da finta innovazione, per un sistema, quello italiano che rischia di implodere prima del previsto. Tasse alle stelle, e italiani alle stalle. A questo è ridotta la nostra nazione, con una paralisi di sistema ben piu’ grave di ciò che appare o che vogliono farci credere. Dovremmo dire basta all’ultraottuagenarità mascherata da nuovo, e credere in un percorso intermedio e moderato. Oggi non abbiamo la cultura del saper scegliere, si vota non per competenza ma per reazione, forse per sensazione accattivante del momento. Siamo ormai tutti economisti da bar, ognuno ha la sua ricetta per risolvere la situazione, il problema è che il boccino in mano non lo abbiamo piu’ in quanto è stato svenduto alla Germania che da sempre esercita una egemonia sul popolo italiano, e la storia ci insegna. Ora chi verrà a liberare l’Italia dall’invasione finanziaria? In passato abbiamo potuto contare sugli americani, ora dovremmo fare da soli, il problema è che ci hanno già venduti e svenduti al migliore offerente. Lo scatto di reni degli inglesi dovrebbe suscitare un pò di orgoglio in ogni italiano, che non avrà il potere di uscire o meno dall’Europa, ma che in piccola quota parte potrà contribuire ad uscire da questa empasse perdurante che rischia di mandare a carte quarantotto la nostra amata nazione ricca di bellezze naturali, e dove regna anche il torpore generale. Intanto da ieri impazza sui web-social l’immagine a corredo dell’articolo che afferma in maniera chiara la necessità di una autonomia nazionale. @direttore
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Brexit. il giorno dopo. La Gran Bretagna ha scelto: lascerà l’Unione europea. Cosa succede, adesso, all’Ue? “Dobbiamo pensare l’impensabile. C’è un cocktail di fattori che potrebbe portare a varie soluzioni, compresa un’ulteriore spinta alla disintegrazione. C’è un’insoddisfazione profonda su immigrazione, sicurezza, economia: l’occupazione e la crescita migliorano, ma non abbastanza. E c’è la tendenza a pensare che le soluzioni nazionali funzionino meglio di quelle europee“, dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in una intervista al Corriere della sera, commentando la Brexit.
“L’Europa non può occuparsi solo di banche. Le stiamo stabilizzando, continueremo a farlo; ma dobbiamo occuparci anche dei cittadini. Perché qui c’è un problema di consenso sociale diffuso: bisogna che i cittadini ricomincino a pensare che l’Europa sia una buona idea”, sottolinea. Bisogna “cambiarla e rilanciarla”.
Secondo Padoan “si è avviata una doppia reazione a Brexit, finanziaria e politica. Ma la reazione finanziaria, almeno finora, è limitata. Mi preoccupa di più quella politica“. Infatti “si levano voci dall’ Olanda e da altri Paesi del Nord, oltre ovviamente a Marine Le Pen in Francia, che chiedono altri referendum per uscire dall’Europa”.
Ora, insiste Padoan, “dobbiamo ripensare le grandi priorità. Vedremo se il prossimo Consiglio europeo darà una sterzata a tutto campo, come dovrebbe“. Per quanto gli effetti della Brexit nel Regno Unito il ministro dell’Economia continua a pensare che “avrà danni economici significativi. Si sentiranno soprattutto nel medio periodo”. E in Italia? “Qualcosa cambia: facciamo parte di un’ area integrata. Forse cambia meno che per altri Paesi. Lo ripeto: l’impatto su mercati finanziari, Borse, titoli di Stato non riguarda in particolare l’Italia”.
Però “non è da escludere che in seguito alla Brexit, per ragioni indipendenti da noi, il quadro economico peggiori, e ci sia una minore crescita. Questo avrebbe ripercussioni sulla finanza pubblica. Mi auguro di no. Ma è nell’ordine delle cose”.
Infine, l’impegno del ministro al referendum italiano sulle riforme costituzionali. “Da molto tempo continuo a dire, in tutti i posti dove vado, che le riforme istituzionali sono importanti in sé e sono importanti per l’ economia. Questo nella discussione non lo sento, sento anzi gente dire che le riforme non servono a niente. Mi impegno e mi impegnerò a far sì che gli italiani le approvino”. (Dire)