Redazione – Non dimenticare è onorare la memoria di quanti hanno pagato con la loro vita la barbarie umana. Oggi in tutta Italia si celebra il “Giorno del ricordo” dei cinquemila italiani massacrati in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia tra il 1943 e il 1945. Uccisi dai partigiani comunisti di Tito solo perché erano italiani: una “pulizia” politica ed etnica in piena regola, mascherata come azione di guerra o vendetta contro i fascisti. In realtà nelle cavità carsiche chiamate foibe vennero gettati ancora vivi, l’uno legato all’altro col fil di ferro, uomini, donne, anziani e bambini che in quel periodo di grande confusione bellica si erano ritrovati in balìa dei partigiani comunisti jugoslavi. Il “Giorno del ricordo” non è solo dedicato alle vittime delle foibe, ma anche alla grande tragedia dei profughi giuliani: 350 mila costretti all’esodo, a lasciare case e ogni bene per fuggire con ogni mezzo in Italia dove furono malamente accolti. In gran parte finirono nei campi profughi e ci rimasero per anni. Uno di questi campi fu organizzato anche a Fertilia. Per mezzo secolo sulle stragi delle foibe e sull’esodo dei giuliani si è steso un pesante silenzio.
La data odierna è simbolica che si riferisce al 1947 quando entrò in vigore il trattato di pace con cui le province di Pola, Fiume, Zara, parte delle zone di Gorizia e di Trieste, passarono alla Jugoslavia.Le stragi avvennero all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 quando si scatenò l’offensiva dei partigiani comunisti contro nazisti e fascisti. Nel mezzo furono colpiti indiscriminatamente tutti gli italiani. Ma il massacro più vasto fu messo in atto a guerra finita, nel maggio del 1945, per costringere gli italiani a fuggire dalle province istriane, dalmate e della Venezia Giulia. Secondo le fonti più accreditate le vittime furono almeno 5000, ma diversi storici parlano di diecimila e più.