C’è un detto popolare in voga, da sempre, tra i cittadini capitolini :
“Il bello di Milano? Il treno per Roma!” ma basta fare un giro per l’hinterland milanese per smentire tale affermazione.
Di città ne vedo molte e chi come me viaggia spesso per lavoro, conosce sicuramente più treni e stazioni che monumenti e piazze e di certo Roma, in quanto a servizi pubblici, è indietro anni luce!
Dopo i recenti fatti di cronaca che hanno interessato personale in servizio sui treni del nord, il governatore della Lombardia Roberto Maroni, ha potenziato i controlli a tutela dei viaggiatori e degli operatori. Da primo settembre, infatti, 150 vigilantes di una società privata oltre 63 già presenti, affiancano il personale di Trenord nei controlli in stazione e sui treni, lungo tutto il viaggio. Senza armi ma con modalità molto determinate e convincenti, li ho visti allontanare dai vagoni tutti i viaggiatori sprovvisti di biglietto e quelli che si rifiutavano di esibirlo o scendere dal treno.
“Gli oltre 200 agenti privati che costituiscono il `security team´ – sottolinea il comunicato diffuso alla vigilia del via all’iniziativa – lavoreranno in luoghi e orari di maggiore necessità, definiti e costantemente aggiornati grazie a un monitoraggio quotidiano effettuato con la partecipazione attiva del personale di bordo e in stretta collaborazione con gli organi istituzionali e di polizia ferroviaria”
“L’obiettivo è la prevenzione e questa la fai facendo vedere che il controllore va in giro scortato“, ha detto il governatore Roberto Maroni. Circa sette milioni di euro per un anno è il costo dell’operazione ma che ha riportato un senso di sicurezza nei viaggiatori e lavoratori del settore. Muoversi con i mezzi in una grande città come Milano non è stressante come a Roma, grazie all’enorme quantità di collegamenti di ogni genere; le stazioni della metropolitana, poi, sono pulite, bel illuminate ed arieggiate. Non ci sono rifiuti e polvere negli angoli, le scale mobili sono ampie e funzionanti, i muri hanno i colori della linea corrispondente senza traccia di autografi, amori incisi e tifo da stadio ad imbrattarli. Non ci sono mercati rionali improvvisati e palesemente abusivi mischiati all’odore di urina e tabacco di dubbia provenienza! No: qui la metropolitana è fatta di video, insegne, avvisi dagli altoparlanti e nei vagoni le fermate scorrono sul led e negli schermi che nessuno ha distrutto. Pochi minuti e la Stazione Centrale è già sopra di te e raggiungerla non è attraversare un labirinto buio trascinati dalla corrente umana come avviene a Termini. L’accesso è ormai tale al gate in aeroporto: in fila, ordinati, verso il binario occupato solo dai viaggiatori.
Finalmente il Freccia, quello nuovo, il 1000: tecnologia e cura dei particolari, dalle poltrone ai vani bagagli, dal servizio bar alle toilette, alzano finalmente lo standard del trasporto nazionale a quello europeo. Corre veloce, a tratti sembra decolli benché ancora non a pieno utilizzo, giungendo a Roma con addirittura undici minuti di anticipo. In due anni di Frecce non mi era mai successo! Mi dispiace quasi scendere, consapevole di cosa mi aspetta. Provo a pensare che forse sto esagerando ma, la fiumana scomposta dietro le transenne che fungono da varchi ai binari, sembra quella di una manifestazione non autorizzata. Gente ovunque che cerca di capire dove andare, disordine, rumori e Rom vestite da hostess all’attaccato dei turisti mi danno il “bentornata” mentre cerco di scendere dalle scale col bagaglio e raggiungere la metropolitana. Dodici minuti di attesa durante i quali due nigeriani vicino a me sulla banchina affollata fumano erba guardando tutti con aria di sfida: nessuno osa dir nulla tanto non c’è una guardia nemmeno a pagarla. La panchina di pietra annerita come le volte del soffitto è un ricettacolo di rifiuti per cui desisto fino all’arrivo del treno, tutto imbrattato dal tetto alle porte: dentro si sta come sardine alla ricerca di ossigeno, perché “oggi” l’aria condizionata pare sia rotta. Ad ogni fermata veniamo calpestati da chi prova a scendere e chi si affanna a salire, e così per le poche stazioni fino a Tiburtina: nuova, pulita, spaziosa e molto meno caotica! Il treno per casa è di quelli datati ma almeno è fresco e, come sempre, affollato di pendolari, Rom che rumorosamente tornano ai loro campi nomadi “fuori l’anello”, lavoratori di ogni nazionalità ed io stremata già dalla fretta tipica romana. Ed ecco il controllore, tiriamo fuori biglietti e abbonamenti ma un bel ragazzetto di colore, palestrato ed iper-tecnologico come tanti che da nord a sud ho visto girovagare senza un perché, si rifiuta di scendere su cortese invito del controllore, non avendo biglietto e nessuna intenzione di pagare o fermare il suo viaggio.
Dopo circa dieci minuti di polemiche e resistenze, i miei compagni di viaggio, provati da ore di lavoro e (dis)servizi pubblici, sono abbastanza stizziti ed intervengono in modo accalorato per convincere il ragazzo a scendere. Nulla: a testa alta e con strafottenza quello si oppone e pretende di continuare fino a destinazione. Il controllore esasperato, e nemmeno tanto giovane aggiungerei, chiede se ci siano forze dell’ordine fuori servizio in carrozza, perché a Roma non è prevista su questa tratta a rischio la presenza di vigilantes o altro e, quando il mio vicino poliziotto fuori servizio si alza, il ragazzo fugge nei vagoni fino alla sua definitiva “cattura”, consentendoci di ripartire col solito ritardo di 20 minuti.
Questo il resoconto di una giornata tipo e di come, in meno di quattro ore, passando per il 2.0 si torni indietro di quarant’anni. No, il meglio di Milano è ben altro e decisamente non quel treno per Roma!
(Alessandra D’Andrea)
© Riproduzione Riservata