Editoriale di Maria Francesca Carnea – La conoscenza è azione dell’anima che permette alla persona umana di tendere verso la realtà. L’uomo, tuttavia, non è solo attratto dalla verità delle cose, ma anche dalla loro bontà: non solo può conoscere la realtà ma anche amarla e, intenzionalmente, unirsi ad essa. Di fronte alla bontà e al compimento delle cose, la persona umana prova un’inclinazione, un appetito. L’appetito, cioè l’inclinazione che si prova verso qualsiasi tipo di bene, è la forma più universale dell’amore. Oggetto proprio dell’amore è il bene e, con Tommaso d’Aquino: “L’amore comporta una connaturalità o compiacenza dell’amante rispetto all’amato e, per ciascun essere, è bene quanto a esso è connaturale o proporzionato” (S. Th., I-II, 27,1).
Il senso della realtà è una costante antropologica che accomuna tutti gli uomini di ogni tempo, di ogni etnia, di ogni cultura: non dipende da una confessione religiosa o persuasione filosofica. Per questo siamo chiamati a conoscere il mondo e a saperlo valutare in modo spontaneo, immediato, come anche a saper discernere e utilizzare i riferimenti necessari per orientarci in esso, facendo appello al senso della realtà, individuando la gerarchia delle certezze originarie dell’esistenza e radicarci in esse, in modo da vivere una vita pienamente umana.
La moderna accezione di realtà è del tutto legata a una concezione relativista e votata alla percezione del sé, al compiacimento del proprio impulso, all’assurdo criterio della prosopopea, condita dall’assenza di responsabilità erga omnes. Ogni concetto del buon intendere realtà, verità, conoscenza, bene comune ha come riferimento analogico distorto il servirsi del prossimo indiscriminatamente. L’uso di una logica sfumata, snaturata, determina una comprensione dei fenomeni equivoca, confusa e, appunto, relativa. Il pensiero analogico, tuttavia, porta alla comprensione più profonda delle cose, per meglio dire: conduce a una comprensione anagogica. Per Henry Corbin un simbolo anagogico è “Conducente verso l’alto”, cioè conduce verso l’alto in una comprensione integrativa, che trascende il dominio dell’interpretazione letterale.
E, con Kahlil Gibran: “Fate che la vostra anima innalzi la ragione fino all’apice della passione affinché essa possa cantare, e diriga la passione con la ragione, di modo che la passione possa vivere e, tramite quotidiana resurrezione, rinascere rinnovata, come la fenice dalle proprie ceneri”.
Tuttavia, è chiedere forse troppo a una società che non tiene conto dell’alto e del grande assente pensiero pensante! Ergo: la conoscenza è azione dell’anima, delle anime che sanno far volare alto la propria capacità dialogica, di pensiero, di costrutto, che non concepiscono l’indifferenza, l’agire relativista, piuttosto lottano affinché di verità, come conformità dell’intelletto alla realtà, e di giustizia, sia degno e appassionante vivere.
(Maria Francesca Carnea – ComunicativaViva)
[Foto: Pompeo Batoni, Il tempo scopre la verità]