Ciò che appare come libertà molto spesso finisce per essere la nostra prigione. E’ questo il caso del tanto osannato Internet che ha completamente stravolto il nostro modo di vivere; oppure siamo noi che lo abbiamo permesso? Certo è che la rete web ha contribuito ad un aumento di possibilità nell’indossare maschere pirandelliane, con l’unica differenza che lo schermo più che maschera diviene vera e propria prigione per chi ne fa un utilizzo errato. ” Su Internet nessuno sa che sei un cane”, questo recita la vignetta di Peter Steiner pubblicata nel 1993 in ” The New Yorker”, diventata famosa poiché sottolinea le possibilità che abbiamo di nasconderci, vendendoci per ciò che non siamo e dando motivo agli utenti di aumentare le proprie paure nei confronti dell’ignoto. Si ha così possibilità di liberarsi dai vincoli dell’età, di genere e classe sociale. Nessuno sa mai veramente chi sei e questo genera non poco spavento; uno spavento accompagnato dall’immediato sollievo concesso dal poter costruire la propria identità ideale senza che nessuno possa smentire, giungendo alla nascita di una vita che non contempla il reale ma che vive attraverso l’illusione di esistere realmente pur non essendo così. Ci si potrebbe chiedere: che male c’è nell’inventare se stessi? Il male sorge dal momento in cui individui che costruiscono loro stessi virtualmente, entrano in contatto con chi ha deciso di non mentire. Un conto parlare con Marika, un altro parlare con Marika che però in realtà è Mario, il quale sente il bisogno di costruire un’identità che non esiste, consapevole di ciò che fa e magari anche dei problemi che ciò potrebbe portare, interessato soltanto a soddisfare i suoi bisogni che non potrebbe soddisfare in altro modo. Di esempi se ne potrebbero fare purtroppo innumerevoli, dai più insignificanti a quelli più rilevanti che sfociano nel tragico. Ciò che spinge ad inventare è impossibile da analizzare in questa sede, molti possono essere i fattori dietro i quali si nascondono vere e proprie patologie. E’ continuo il flusso di notizie che alimentano il curriculum di queste false identità tutt’altro che innocue; per questo, come in ogni cosa che sentiamo di dover sporcare dando vita al reato, che ultimamente sembra essere di tendenza. Bisogna far scendere in campo chi ne sa più di noi, che siamo ossessionati dalla possibilità di aver tutto sotto controllo e poter risolvere, qualora ce ne fosse bisogno, anche “inconvenienti” del genere. Entra così in gioco la polizia postale, ossia una delle quattro forse di polizia italiane che si occupa di reati informatici. Perché creare profili falsi è davvero un reato e come tale va punito. Creare una falsa identità sui social network con lo scopo di recare vantaggi a se stessi o a terzi danneggiando gli altri, tramite diffamazione, minacce, molestie e atti ancora più gravi, è perciò punibile con la reclusione fino ad un anno, per sostituzione di persona. Essere degli ottimi osservatori potrebbe aiutarci notevolmente nell’vitare situazioni spiacevoli, anche se, naturalmente, ogni situazione va analizzata indipendentemente dalle altre, studiando le dinamiche dell’accaduto. Diffidate da un mondo che di reale ha ben poco, non accontentatevi, non lasciatevi plagiare, cercate di non cadere nella trappola di chi, facendovi del male, ne trae piacere. Pretendete di più. Abbiate fame di verità; abbiate voglia e bisogno di guardare negli occhi le persone. Abbiate il coraggio di essere voi stessi, seppur fa paura, seppur a tratti fa male; li fuori c’è chi sa amarvi anche così: imperfetti ma veri e vivi!
(Morena De Luca)