“L’industrializzazione ha distrutto l’uomo”, quanto di vero è presente in quest’affermazione? Con grande rammarico, probabilmente bisogna senz’altro confermare che è così, dannatamente così! Si è persa la visione d’insieme, la solidarietà che precedentemente ognuno custodiva. La società ha preso altre strade, lo sviluppo ormai presente sulla bocca di tutti ha portato alla perdita dei valori, quelli umani, morali, che vanno ben oltre tutto quello proposto da un’industrializzazione sempre più affamata, in cerca di nuovi alleati per alimentare questo processo che sembra essere indistruttibile e che a sua volta sta portando alla distruzione. Ciò che appare di ognuno è l’ombra di tanti piccoli e fragili esseri che si aggirano inconsapevoli e confusi, estremamente convinti di continuare nel grande progetto di una vita e un mondo che ci convinciamo essere dei capolavori. I più “fragili”, definiti così da una società che segue correnti errate e ne è madre e sostenitrice, alle volte si cimentano nel guardar dentro se stessi, distogliendo per qualche secondo lo sguardo da quel grande schermo che ormai si è impossessato della casa e cosa ancor più atroce, delle menti, provando a ragionare su ciò che sta accadendo, capendo magari che la vita è soltanto una, purtroppo o per fortuna, e che è folle lasciarsela sfuggire vivendo passivamente, concedendo agli altri il lusso di decidere per noi stessi, senza aver voglia di replicare, senza cercare confronto, prendendo per giusto tutto quello che viene detto o venduto come tale. Ci son poi i più “forti”, che non temono nulla, definiti tali sempre da quella società che li sceglie appositamente per portare avanti i suoi progetti. Son quelli che non si fermano e non riflettono, non sia mai ci si accorga che forse qualcosa non va proprio del tutto e ci si debba impegnare per cambiare davvero; scrivendo così, per dire, sul libretto delle istruzioni riposte dentro quegli affascinanti pacchetti che contengono i pù svariati accessori di massa, che probabilmente anziché imparare alla perfezione come utilizzare un televisore, un computer o quel sensazionale smartphone d’ultima generazione, magari sarebbe bello trovare scritto a caratteri cubitali, sulla prima pagina un bel : “Inizia a vivere”, per poi proseguire nella lettura di quei caratteri sempre più piccoli, che bisogna proprio sforzarsi per leggere, che è più intelligente e responsabile uscire, vederla davvero quella persona che si vuole, parlare, confrontarsi, ritornare, perché no, a riunirsi tutti in piazza e quell’indovinello simpatico gridarlo a tutti e insieme trovare la soluzione. Riprendere attivamente a vivere, lasciando tutto questo essere passivi e talvolta apatici in un lontano ricordo. Sfogliando più libri e picchiettando meno sul touch, premendo freneticamente meno tasti e abbracciando di più, accompagnando tutto ciò ad un caloroso “come stai?” anziché “quale è stato il tuo ultimo accesso?”. Perché si, può anche esserci questo tipo di condivisione, non così però, non così ossessivamente, facendo diventare di importanza primaria qualcosa che non merita di esserlo. Lo slogan di quella pubblicità potrebbe essere qualcosa del genere: “Per una vita migliore impara a vivere” e poi improvvisamente appare il bel bimbo che spegne tv, computer e cellulare, apre la porta di casa e va di corsa dai suoi amici, sporcandosi di terra come i bei tempi e sorridendo si rivolge allo spettatore dicendo: “Impara anche a non sorridere più di fronte ad uno schermo, esci e sorridi insieme a chi ha il potere di cambiarti la giornata”.
(Morena De Luca)