Roma – “Anche in sanità, per salvaguardare il sistema pubblico che offre in media servizi di alta qualità e per rimuovere distorsioni evidenti non si può prescindere dal rendere più appropriato e mirato l’accesso alle prestazioni, potendo contare oggi sulle crescenti potenzialità dei sistemi informativi”. Lo sostiene la Corte dei Conti in Audizione sul Def in Commissione Bilancio di Camera e Senato. Corte dei Conti che spiega anche come “i prezzi di molti servizi offerti in Italia sono inferiori” alle maggiori economie europee. Per questo, sempre secondo la Corte dei Conti, “in una fase storica di difficoltà per le finanze pubbliche” la “tendenza all’aumento” dei prezzi appare una opzione da considerare, anche adottando politiche di selezione delle condizioni di accesso, per evitare effetti regressivi indesiderati. Pertanto anche in sanità, sottolinea il presidente Squitieri in audizione sul Def, “non si può più prescindere dal rendere più appropriato e mirato l’accesso alle prestazioni”.
Il quadro macroeconomico “in cui si situa il Def presenta elementi positivi”, cui si associano però “un allargamento dell’area dei rischi” e “accresciuti elementi di incertezza”.
La Corte dei Conti nota che “la crescita ha registrato ritmi via via decrescenti” nel 2015, con un effetto trascinamento per il 2016 “assai contenuto”. Rispetto agli altri Paesi, l’Italia ha continuato “a caratterizzarsi per un andamento meno dinamico”.
Nel Def “per le amministrazioni locali si prevede uno sforzo correttivo supplementare, che si concretizza in un avanzo di gestione di 1,8 miliardi nel 2016 che cresce a circa 2,2 nel triennio successivo (un aumento di circa 1 miliardo annuo rispetto al quadro della NTI).
Nel nuovo quadro tendenziale la spesa complessiva nel 2016 è pari al 49,6 per cento del prodotto, confermandosi in flessione rispetto al 2015 di 9 decimi di punto (nonostante la riduzione di 4 decimi del risultato 2015 rispetto alle previsioni). Alla riduzione contribuiscono la spesa per interessi e la spesa primaria corrente (in entrambi i casi per 2 decimi di punto), nonché la spesa in conto capitale pari al 3,6 per cento del Pil contro il 4,1 del 2015 (anche per il venir meno delle misure di sostegno delle banche)”.
Nel Def 2016 la previsione della spesa sanitaria risulta fortemente mutata rispetto a quella del Def 2015, riproposta (in senso tecnico) nella Nota di aggiornamento lo scorso ottobre, ed oggetto dei successivi interventi correttivi:
“A consuntivo la spesa è risultata nel 2015 pari a 112,4 miliardi, in crescita dell’1 per cento rispetto al 2014 (contro una previsione di aumento più contenuta, lo 0,2 per cento). Un risultato su cui hanno inciso le maggiori spese per farmaci innovativi, ma anche i minori risparmi rispetto alle previsioni nella spesa per assistenza specialistica e per dispositivi medici”.
Alla revisione della spesa per 2.352 milioni già considerata nel quadro del Def 2015, sono seguite le ulteriori riduzioni previste per il 2016 (per oltre 2 miliardi con corrispondente riduzione del fabbisogno sanitario nazionale standard) e la decisione, “maturata in occasione dell’approvazione dell’Intesa Stato Regioni dello scorso 11 febbraio, di prevedere che, dei risparmi richiesti alle Regioni dalla legge di stabilità 2016, gravino sul settore sanitario 3.500 milioni (dei 3.980 milioni) nel 2017 e 5.000 milioni (sui 5.468 milioni) nel 2018.
La Legge di stabilità ha poi previsto ulteriori interventi per l’efficientamento delle aziende sanitarie”.
Misure dirette, da un lato, ad aumentare la trasparenza dei dati di bilancio degli enti e a prevedere un sistema di monitoraggio delle attività assistenziali e della loro qualità, da rendere pubblico entro il 30 giugno di ogni anno e, dall’altro ad interventi su strutture di ricovero, con squilibri finanziari o difformità nella fornitura dei servizi, da sottoporre a piani di rientro. Ha inoltre disposto l’utilizzo, in via esclusiva per gli acquisti di materiali sanitari, delle centrali regionali di committenza o della Consip e il riferimento, per la valutazione dei dispositivi medici, alla Cabina di regia nazionale istituita presso il Ministero della salute.
Nonostante tali interventi, la nuova previsione prefigura un andamento della spesa per il 2016 pressoché coincidente con quello del Def dello scorso anno, con una spesa in crescita di un decimo di punto in termini di Pil, mentre i valori previsti per il successivo triennio (ancorché lievemente inferiori in termini assoluti) si mantengono sui livelli antecedenti alle misure correttive (sempre in termini di prodotto) approvate tra aprile 2015 e marzo 2016.
Il Documento all’esame del Parlamento non specifica quanto di tale andamento sia imputabile alle difficoltà di attuazione delle misure volte a razionalizzare e ridurre la spesa assunte a metà del 2015 con il DL 78/2015, le cui fasi attuative accusano un qualche ritardo; quanto rappresenti lo sviluppo delle maggiori spese che si sono prodotte nel 2015; o quanto, infine, sia riconducibile alle difficoltà di strumenti (pay back e ticket) che negli anni passati hanno contribuito in misura significativa ai risultati ottenuti.
Una valutazione indispensabile per poter riorientare le scelte in tema di strumenti da porre a disposizione delle Regioni per la gestione della spesa sanitaria.
“L’allentamento degli obiettivi di spesa previsti per il settore (che non modifica tuttavia un quadro particolarmente stringente, con il calo al 6,5 per cento del Pil nel 2018) e la individuazione delle risorse su cui può contare il sistema sanitario per il prossimo biennio (nell’Intesa dello scorso 11 febbraio sono stati concordati tra Stato e Regioni gli importi dei fabbisogni nazionali standard) possono consentire di affrontare, entro un quadro meno stringente, gli interventi da assumere per rispondere alle esigenze di mantenimento della qualità del servizio evidenziate negli ultimi anni e di portare a termine le importanti innovazioni previste nel Patto della salute del 2014. Elementi che, se non risolti, rischiano di alimentare nuovi squilibri e di incidere negativamente sulle aspettative della popolazione”.