Roma – La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunione del 9 giugno ha approvato un documento di osservazioni sullo schema di piano nazionale anticorruzione 2016.
Il documento come concordato anche nell’incontro del 14 aprile della stessa Conferenza delle Regioni con Raffaele Cantone, è stato inviato dal presidente Stefano Bonaccini al presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac).
Si riporta di seguito il testo integrale delle osservazioni delle Regioni, pubblicate anche sul sito www.regioni.it (nella sezione “Conferenze”).
Premessa
Lo schema di Piano nazionale anticorruzione 2016 è stato posto in consultazione dall’ANAC lo scorso 18 maggio ed è stato trasmesso alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con nota del Presidente Cantone al Presidente Bonaccini in data 25 maggio, con richiesta di formulare osservazioni sul testo prima della sua approvazione da parte dell’Autorità.
Il Piano si articola in una parte generale e in una parte speciale.
La parte generale si basa sull’analisi del contesto internazionale e sugli esiti dell’esame, condotto dall’ANAC, su un campione di Piani di prevenzione adottati dalle pubbliche amministrazioni. Essa contiene indicazioni su quattro misure di prevenzione: trasparenza; rotazione del personale; verifica delle dichiarazioni sulla insussistenza delle cause di inconferibilità; revisione dei processi di privatizzazione e esternalizzazione di funzioni, attività strumentali e servizi pubblici.
La parte speciale contiene sei approfondimenti su altrettanti temi, individuati dall’ANAC per la loro suscettività di facilitare l’azione di prevenzione della corruzione: piccoli comuni; città metropolitane; ordini professionali; governo del territorio; tutela e valorizzazione dei beni culturali; sanità.
Le osservazioni che seguono sono formulate in relazione alla parte generale, fatta salva una puntuale proposta di integrazione della parte speciale riguardante il governo del territorio.
La stesura del PNA avviene in una fase di importanti modifiche legislative in itinere, in diversi casi dando attuazione alle nuove discipline della materia, di cui si dà per acquisita l’entrata in vigore quando le amministrazioni dovranno attuare il PNA nei loro PTPC, in particolare a partire dal triennio 2017- 2019.
Il testo evidenzia in modo condivisibile la necessità di attuare gli adempimenti previsti dalla normativa anticorruzione in maniera graduale, considerati gli impatti che essi hanno prodotto e produrranno all’interno delle P.A e la loro forte valenza di innovazione organizzativa. Tuttavia sarebbe auspicabile che altrettanto “graduale” potesse essere l’applicazione da parte dell’Autorità dei propri poteri di vigilanza e sanzionatori, soprattutto laddove sia riscontrato il concreto impegno degli Enti nell’attuazione della disciplina.
Il PNA si caratterizza per la esplicita valenza di atto di indirizzo ai fini dell’adozione dei PTPC (particolarmente per quanto riguarda il trattamento del rischio). Peraltro in certe parti risulta confermato il carattere di obbligatorietà delle misure proposte, dalla cui inosservanza si fanno discendere sanzioni; in altri passaggi, al contrario, si afferma la sostanziale indipendenza delle Amministrazioni nella configurazione degli interventi anti-corruzione, a condizione che ne siano dimostrate efficacia e sostenibilità. Tali incongruenze andrebbero chiarite.
Si rileva inoltre che non emerge in modo certo se le misure specifiche contenute nella parte speciale del PNA debbano essere applicate solo nei contesti di rispettiva pertinenza, per i quali sono state appunto introdotte, oppure se si promuova la loro applicazione anche oltre tali contesti, ossia ogni qualvolta se ne ravvisi l’opportunità per comunanza di finalità di prevenzione perseguite.
Dal punto di vista sistematico, si sottolinea l’opportunità che il nuovo PNA non si sovrapponga e non si aggiunga al PNA 2013, ma lo integri, in modo da divenire via via una “guida” operativa unica che le P.A possano utilizzare per la redazione più agevole possibile dei propri PTPC.
Riguardo all’individuazione di nuove aree di rischio, essa va attentamente valutata; peraltro, ove nuove aree siano individuate, ad esse dovrebbe essere puntualmente correlata un’indicazione dei relativi rischi specifici. Si reputa importante infatti, secondo quanto già proposto nel PNA 2015, creare delle correlazioni logiche tra i processi oggetto di analisi, i possibili eventi rischiosi, le possibili misure anticorruttive, gli obiettivi che si vogliono raggiungere nella adozione delle misure, cui associare indicatori di risultato.
Ruolo dell’Organo di indirizzo politico
Si ritiene condivisibile la prospettiva affermata nel testo che la prevenzione della corruzione deve diventare uno degli obiettivi prioritari del programma di governo e degli strumenti pianificatori che devono tradurre il programma in azione amministrativa. Ugualmente importante è l’interazione fra i soggetti coinvolti a diverso titolo nell’attività di prevenzione e nella predisposizione e adozione dei suoi strumenti programmatori e nelle attività di miglioramento della funzionalità degli apparati amministrativi (semplificazione). A tale riguardo, si ritiene apprezzabile l’ampliamento dei compiti affidati agli OIV, del quale sarebbe comunque auspicabile una migliore specificazione del suo ruolo, delle sue responsabilità e del suo rapporto con il RPC, soprattutto alla luce dei principi e dei contenuti del decreto sulla dirigenza attuativo della legge 124/2015.
Ruolo del responsabile della prevenzione della corruzione
Quello del RPC è un ruolo di garanzia e di promozione della legalità che deve essere esercitato, tramite un approccio professionale sistematico, in modo obiettivo e indipendente, al fine di accompagnare l’organizzazione nel perseguimento degli obiettivi di prevenzione della corruzione diretti anche al miglioramento dei processi di controllo, di gestione dei rischi e di governo dell’amministrazione. Egli svolge una funzione critica per l’applicazione della normativa anti-corruzione e il disimpegno dei relativi adempimenti. Rispetto a questi approcci “classici” della nostra cultura amministrativa sarebbe auspicabile recuperare anche alcune dimensioni dell’attività regolatoria comunitaria in tema di controlli, che cominciano ad essere assimilati anche in alcuni ambiti delle nostre amministrazioni.
A tale scopo, sarebbe auspicabile che il PNA 2016 richiamasse i principi e le esigenze fondamentali del ruolo del RPC: il suo essere soggetto necessariamente indipendente, autonomo ed autorevole, con un adeguato incardinamento nell’organizzazione per garantire lo svolgimento efficace delle sue precipue attività; la necessità di una struttura di supporto alle sue funzioni, dotata delle competenze professionali adeguate in quantità e qualità, attraverso una formalizzazione organizzativa; l’esigenza di acquisire competenze tecniche specifiche e di svilupparle soprattutto rispetto ai contenuti dei sistemi di “Corporate governance” (Sistema di controllo interno, “Risk management”, “internal auditing”, ecc.).
Altrettanto importante appare iniziare a identificare gli standard di riferimento e le metodologie (anche internazionali) per l’espletamento delle attività di gestione del “risk assessment” (specifici modelli di gestione dei rischi, come ad es. Enterprise Risk Management; The Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission (COSO); ecc.), così come vanno identificati gli standard di riferimento e le metodologie per le attività tipiche del RPC relativamente alla verifica dell’effettività delle misure di prevenzione della corruzione rispetto ai rischi specifici individuati.
Si ritiene infine opportuno evidenziare, soprattutto con riferimento agli enti territoriali, la potenzialità del ruolo del RPC nella diffusione, nei confronti di cittadini e stakeholders, della promozione della legalità nei rapporti con la P.A e della conoscenza delle politiche di prevenzione della corruzione adottate.
Rotazione
La lunga trattazione della misura organizzativa della rotazione offre molti spunti di interesse di carattere organizzativo, ai fini di un inquadramento quanto più possibile completo dei criteri, metodi e modalità di organizzazione della rotazione, non solo in funzione di misura di prevenzione della corruzione ma anche e soprattutto di sviluppo dell’organizzazione.
L’ampiezza e il grado di dettaglio della trattazione appaiono peraltro contraddire l’apprezzabile snellezza e essenzialità del testo in consultazione. Questa scelta, pur comprendendo l’intento sotteso, finalizzato ad evidenziare la rilevanza rivestita da questa misura di prevenzione della corruzione, in conseguenza del grado di dettaglio con cui viene trattata, può far perdere di vista le modalità concrete ed operative per attuare la misura stessa.
I principi e la disciplina del conferimento degli incarichi dirigenziali e di responsabilità rispondono a precise esigenze della P.A. La normativa sulla prevenzione della corruzione – e le misure da essa derivanti – intervenuta in tempi successivi, a sua volta persegue le proprie finalità di interesse pubblico. Il sistema giuridico formale rende problematica oggi una composizione degli obblighi di rotazione con i criteri di assegnazione degli incarichi in questione.
Si sottolinea, pertanto, con forza che la concreta realizzazione della rotazione dipende necessariamente dalla definizione di un quadro normativo, sia di fonte legislativa che contrattuale, che renda coerenti le esigenze di prevenzione e i requisiti per il conferimento degli incarichi, anche con riguardo agli aspetti legati alla funzionalità.
Rotazione e trasferimenti obbligatori
Quanto alla rotazione straordinaria nel caso di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva, viene menzionato l’obbligo per i dirigenti generali di provvedere al monitoraggio delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell’ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva, mentre non viene citato quanto sancito dall’art. 3 della L. 27 marzo 2001, n. 97, che impone l’obbligo del trasferimento in caso di rinvio a giudizio del dipendente pubblico, qualsiasi sia il suo inquadramento, in varie ipotesi di reato contro la P.A. Ciò si applica indubbiamente anche ai dipendenti del comparto.
Si esprimono dubbi, inoltre, riguardo una rotazione (trasferimento) eventuale del personale sospettato di condotte di natura corruttiva, che abbiano o meno rilevanza penale (si tratterebbe secondo il PNA di una misura di carattere eventuale e cautelare tesa a garantire che nell’area ove si sono verificati i fatti oggetto del procedimento penale o disciplinare siano attivate idonee misure di prevenzione del rischio corruttivo). Si consideri infatti che nei casi di cui alla L. 97/2001, il trasferimento è obbligatorio (e addirittura si può arrivare al collocamento in disponibilità).
Dichiarazioni sulla insussistenza di cause di inconferibilità
Lo schema di PNA ribadisce che la vigilanza sull’osservanza delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità è demandata, in prima battuta, al RPC. Esso, inoltre, è considerato titolare del potere di avvio sia del procedimento teso all’eventuale dichiarazione di nullità del provvedimento di attribuzione dell’incarico, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 39/2013, sia del successivo procedimento inibitorio, ai sensi dell’art. 18.
Ai fini dell’applicazione della sanzione inibitoria, vengono richiamate nello schema di PNA le verifiche che il RPC è tenuto a svolgere circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa, anche avuto riguardo alla corretta valutazione, da parte dell’organo conferente, delle dichiarazioni rilasciate dagli interessati ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. 39/2013.
Partecipazione del RPC all’istruttoria per le nomine. A tale riguardo si osserva che in materia di conferimento di incarichi, il ruolo assegnato al RPC dal dlgs 39/2013 è di vigilanza sulla correttezza della procedura. Un eventuale coinvolgimento del RPC nella fase istruttoria della nomina costituirebbe una palese contraddizione rispetto a tale funzione. In tale ipotesi, infatti, al medesimo soggetto farebbero capo compiti tanto istruttori, quanto di controllo.
Inoltre, sotto il profilo operativo, la generalizzata partecipazione del RPC ai procedimenti di conferimento di incarichi sarebbe suscettibile, soprattutto nelle amministrazioni di maggiore dimensione ed articolazione, di creare strozzature e conseguenti ritardi a causa della prevedibile entità delle dichiarazioni da esaminare, anche a scapito dell’esercizio delle primarie funzioni di vigilanza sulla corretta attuazione del PTPC
Alla luce delle considerazioni esposte, si propone che, nel testo definitivo del PNA venga espunto il riferimento all’eventuale coinvolgimento del RPC nella fase istruttoria dei provvedimenti regionali di nomina.
Accertamento delle cause di inconferibilità e incompatibilità. Quanto rappresentato in via generale sulla partecipazione del RPC all’istruttoria per il conferimento degli incarichi (supra), viene qui ripreso in relazione al ruolo del RPC e quanto all’accertamento delle cause di inconferibilità e incompatibilità e, corrispondentemente, alla verifica sulle dichiarazioni rese dai soggetti da nominare. Si sottolinea nuovamente che il d.lgs. 39/2013 assegna al RPC una precipua funzione di impulso (“cura” che nell’amministrazione “siano rispettate” le disposizioni del dlgs 39 e “contesta all’interessato l’esistenza o l’insorgere di situazioni di inconferibilità ed incompatibilità” ).
Quanto alle attività di verifica sulle dichiarazioni concernenti l’insussistenza di cause di inconferibilità (premesso che si tratta di verifiche formali, essendo di fatto irrealizzabile un controllo sulla veridicità delle dichiarazioni), non sembra condivisibile l’intendimento dello schema di PNA di introdurre una nuova condizione di efficacia dell’atto di nomina, che solo la legge può prevedere. In realtà lo svolgimento delle verifiche rappresenta una mera fase endoprocedimentale (di competenza dell’Ufficio che segue l’istruttoria), che può essere prevista quale misura di prevenzione della corruzione (e magari inserita nel PTPC), non invece quale disciplina di svolgimento del procedimento di nomina.
Società ed Enti di diritto privato in controllo o partecipati
Si condivide senz’altro l’assunto che l’applicazione della normativa anticorruzione e per la trasparenza da parte di soggetti esterni all’Ente, collegati da partecipazioni o controllo pubblico, riveste un’importanza fondamentale per la concreta attuazione delle politiche di prevenzione.
Andrebbe peraltro chiarito che il compito di rapportarsi, verificare e controllare i soggetti controllati o partecipati spetta agli uffici competenti di ogni amministrazione alla gestione dei rapporti con le società ed enti partecipati o in controllo, essendo il ruolo del RPC su tale attività quello di vigilanza, cura e impulso.
Ad ogni valutazione, è opportuno premettere che la costituzione di organismi e società partecipate è una modalità organizzativa che, alle condizioni stabilite dalla legge, l’ordinamento mette a disposizione delle P.A.
Il giudizio espresso dallo schema di PNA sul concreto dispiegarsi di tale possibilità e quindi sul fenomeno delle esternalizzazioni di funzioni e servizi pubblici è molto critico. Pur non negando la sussistenza di situazioni in cui il ricorso alle privatizzazioni abbia originato le criticità rappresentate nello schema di PNA, si considera che nella maggior parte dei casi la costituzione di enti di diritto privato (nelle varie configurazioni di società, fondazioni e associazioni, controllate o partecipate) risponda alle specifiche esigenze previste dalla legge (ad esempio, produzione di servizi di interesse generale o strettamente necessari per il perseguimento delle finalità istituzionali) e sia giustificabile anche in termini di convenienza economica e di sostenibilità finanziaria.
Nella consapevolezza della rilevanza della questione, lo schema di PNA indica alle P.A una serie di misure mirate alla maggiore imparzialità e alla trasparenza, senza peraltro precisare se si tratti di misure da prevedere obbligatoriamente nei PTPC delle P.A controllanti (e per le parti di competenza anche nei PTPC dei soggetti controllati), ovvero – come sembra preferibile nel rispetto dell’autonomia e delle peculiarità di ciascuna P.A – se si tratti di indicazioni e suggerimenti di massima, da attuare a discrezione delle P.A.
Prevenzione della corruzione e sistema dei controlli
La prevenzione della corruzione e i sistemi di controllo interni già operanti nella P.A rispondono a logiche diverse, si pongono finalità diverse e quindi si estrinsecano in ruoli, funzioni e compiti ben distinti.
Nondimeno, i controlli possono essere considerati in una prospettiva coordinata con la prevenzione della corruzione e in questa ottica sarebbe opportuno elaborare linee guida sulle modalità di integrazione dei sistemi di gestione del rischio con il sistema dei controlli interni, sulle metodologie per l’organizzazione dei controlli e sul coordinamento fra di essi.
I controlli sono citati in diverse parti del PNA, mentre potrebbero essere oggetto di indicazioni più generali come misura organica complessiva fondamentale da applicare a tutte le misure generali di prevenzione, alle diverse fasi delle procedure indagate, in cui si dettagliano le specifiche aree, a tutte le realtà decentrate ed a tutti gli attori chiamati ad approvare ed attuare un proprio PTPC.
Una indicazione generale sull’importanza dello strumento e sulle modalità operative del medesimo porterebbe a una maggiore responsabilizzazione delle amministrazioni nell’assumere nel proprio Piano i controlli come uno strumento strategico di primaria importanza da attuare, attraverso un campionamento oculato e tecnicamente robusto, per tutte le misure del piano medesimo ed in particolare nelle aree valutate a maggior rischio di corruzione.
Governo del territorio
La richiesta di modifica è già stata presentata dalle Regioni e recepita nella versione provvisoria del PNA per la parte “Governo del Territorio”. Si ripropone, pertanto, la versione integrale del documento originariamente condiviso.
Inserire il seguente periodo a pag. 56 paragrafo 1 dopo il quarto capoverso
“Stante il quadro normativo sopra delineato, l’attività pianificatoria territoriale regionale non sembra particolarmente esposta al rischio di eventi corruttivi in quanto, in generale è caratterizzata:
1) da previsioni di indirizzo, non idonee, quindi, a incidere direttamente su posizioni giuridiche soggettive;
2) dalla marcata trasparenza delle procedure, con la previsione di forme di pubblicità anche nelle fasi procedimentali propedeutiche all’adozione e approvazione degli atti;
3) Dalla molteplicità dei soggetti che a diverso titolo partecipano al processo decisionale (Giunta regionale/provinciale e Consiglio regionale/provinciale, privati, associazioni rappresentative di interessi collettivi o diffusi, Province Comuni ed altri Enti menzionati dalle singole leggi regionali)”.