Strage di Via Fani. Quel colpo inferto allo Stato (di Daniele Imperiale)
Redazione – Il primo colpo inferto alla prima Repubblica risale a trentanove anni fa. Come oggi, la strage di via Fani, con il sequestro eccellente del Presidente dell’allora primo partito italiano, l’onorevole Aldo Moro della Democrazia Cristiana. Nell’agguato l’onorevole venne prelevato e portato in diversi posti segreti, ma tutti gli uomini della scorta vennero assassinati. Il fine giustificava i mezzi. Cosicchè le Brigate Rosse, attive come non mai non esitarono a spezzare vite umane di gente normale che lavora per arrivare al massimo esponente da processare per vie traverse. Aldo Moro, uno statista vero e rappresentante di una Democrazia Cristiana da attaccare e crocifiggere. Ma quello che all’epoca veniva ritenuto dalle Br il peggiore dei mali ha fatto sì che la storia rendesse giustizia e omaggio ad epoche in cui, se non altro, la classe politica cercava di far stare bene tutti. Il 16 marzo 1978 l’Italia dimostrò la sua debolezza nel saper capire, intercettare e difendere il suo stesso Stato. Il popolo italiano apprese la notizia dagli schermi abbombati delle televisioni d’epoca, tutti increduli, preoccupati per il grave gesto che era stato compiuto. L’Onorevole Moro si stava recando in Parlamento per partecipare al dibattito sulla fiducia del nuovo governo Andreotti costituito con l’appoggio e l’ingresso del PCI nella maggioranza programmatica e parlamentale. Una strada che venne tracciata e guidata dallo stesso presidente della DC. Un rapimento quindi studiato con congruo anticipo nei modi e nei tempi giusti. Tutto era compiuto. Il sequestro di Moro ebbe una lunga durata, ben 55 giorni intrisi di tristezza, di lettere scritte di suo pugno alla famiglia, di messaggi che lo statista riusciva comunque a lanciare chiedendo aiuto al sistema da lui presieduto. Questi giorni sono entrati a pieno titolo tra i più difficili e tristi della storia italiana. Lacerazioni politiche, dubbi, incertezze, mobilitazioni internazionali, ma nessun intervento, compreso quello dell’allora Pontefice Paolo VI, riuscirono a sortire alcun effetto. Le Br proseguirono quindi nel processo politico e umano, sostituendosi alla magistratura ordinaria e anche a quella Divina. La classe dirigente, ovviamente confusa ritenne comunque di non dover/poter trattare. Cosicchè la sentenza venne eseguita, e l’autorevolezza di Aldo Moro venne piegata su se stessa all’interno di un bagagliaio. Un corpo fatto ritrovare nella Renalt 4 rossa posta anch’essa emblematicamente a metà strada tra piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure. Resterà per sempre un’ombra questa amara storia tutta italiana, nella quale la famiglia Moro ebbe a polemizzare sulla “fermezza” attuata dall’allora governo, escludendo di fatto ogni spiraglio possibile per trattare la vita del loro amato congiunto, abbandonato così al suo destino. Ed ecco che la politica che tanto lustro conferisce, tanto onore toglie. La vicenda Moro ha lasciato un segno indelebile nella storia politica e anche umana della nostra Italia, ora ai posteri spettano le ardue sentenze.0
Daniele Imperiale
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