868 Opere incomplete in Italia, un danno erariale di 4 miliardi di euro. La Codacons dichiara: “Queste infrastrutture sono già costate in media 166 euro a famiglia”.
“E pensare che i miliardi finora spesi per tali infrastrutture irrealizzate, avrebbero potuto abbattere la pressione fiscale per tutti i cittadini ed impedire la nascita di tasse come l’Imu o la Tasi, con benefici immensi per la collettività e l’economia nazionale”. Carlo Rienzi dixit. Il presidente del Codacons, lo scorso 21 Febbraio, analizzando i dati relativi all’annata 2014, non fa giri di parole: le somme di denaro pubblico spese in opere mai terminate o incomplete sono una zavorra economica molto pesante per le ormai esauste casse statali. Secondo i dati forniti dall’associazione dei consumatori, le opere pubbliche incompiute sono 868 con un danno erariale di 4 miliardi di euro. Ma oltre il danno, anche la beffa: per portare a termine i cantieri, ci vorrebbero altri 1,5 miliardi di euro. Nonostante gli anni di spending review e di tagli, leggendo i dati, il numero di opere incompiute non è diminuito ma è in aumento anno dopo anno: da quota 692 opere incomplete si è passato a quello attuale di 868. Danno erariale che pesa sul fisco sin dagli anni ’60 e, sempre secondo le parole di Rienzi, ha portato a spendere in media 166 euro alle famiglie di tutt’Italia. Da Nord a Sud gli sprechi non si contano e all’interno della lista del Condacons si è creata una classifica dello spreco. Prendiamo ad esempio la Sicilia: con le sue 215 opere incompiute conquista la vetta del podio; 95 sono invece i cantieri ancora aperti in Calabria, regione che tiene saldo il secondo posto in classifica, seguita a breve distanza dalla Puglia e dalle sue 81 infrastrutture non portate a termine. Facciamo qualche esempio, ripercorrendo la penisola da sud a nord: prima opera incompiuta costata oltre 400 milioni di euro è il ponte sullo Stretto di Messina. Del fantomatico ponte se ne parla già dal 1992, quando la società Stretto di Messina varò un primo progetto preliminare. Soltanto dieci anni più tardi, durante il terzo governo Berlusconi, si è passato dalle parole ai fatti: nel 2005 infatti la società “Impregilo” vince il bando di gara come general contractor. Il progetto sembra prendere forma, anche se l’inizio dei lavori viene programmato per il 2007. Il governo Prodi e il cambio delle priorità dei finanziamenti, la bocciatura dell’UE e il governo Monti, bloccano il progetto ma 300 milioni di euro vengono comunque stanziati per far fronte ad eventuali penali da pagare al general contractor. Ad oggi non è stata posata alcuna pietra per la costruzione del futuristico ponte, ma l’argomento è tornato alla ribalta dopo l’approvazione nel 2015 da parte della maggioranza, di una mozione NCD a favore del ponte. Secondo la Codacons alla città dello sport di Tor Vergata, a sud est di Roma, spetta il record assoluto dello spreco: con i 607 milioni di euro spesi dal 2005 fino ad oggi può considerarsi un caso unico tra le opere incomplete in Italia. Per l’iniziale progetto avviato dal governo cittadino guidato da Walter Veltroni, erano stati stanziati 60 milioni di euro; nel giro di un anno erano raddoppiati, e la struttura era destinata a ospitare i campionati mondiali di nuoto del 2009. Alla fine del 2009 la costruzione della struttura viene bloccata per mancanza di fondi, nonostante i 250 milioni stanziati. Nel 2011, proprio per la candidatura di Roma quale sede delle olimpiadi 2020, la giunta Alemanno decide di riattivare i cantieri, stanziando 400 milioni di euro e garantendo la fine dei lavori entro 3 anni. Dopo vari tentativi di riclassificazione della struttura e fallimentari cambi di destinazione, la struttura fatiscente è ancora in piedi e incompiuta; la Codacons addirittura la definisce:”Un vero e proprio mostro urbano che danneggia la città e i residenti della zona, e che andrebbe immediatamente abbattuto.”. Un ultimo esempio è quella della Diga Ravedis, a Pordenone in Friuli Venezia Giulia. Il progetto era partito nel 1982, l’appalto era stato assegnato nel 1984 e nel 1986 erano iniziati i lavori, con un primo stanziamento di 106 miliardi di lire. All’indomani di Tangentopoli, il progetto fu abbandonato e ripreso solo dopo 10 anni: nel 1997 infatti furono stanziati altri 177 miliardi di lire. Il quarto governo Berlusconi reperisce altri 45 milioni di Euro nel 2008 per portare a termine i lavori: solo nel 2014 arriva il primo collaudo dell’enorme diga, costata ai contribuenti 154 milioni di euro e 32 anni di lavoro. Ritardi, sprechi, continui rinvii, intoppi legali e progetto fatiscenti, la Codacons racconta attraverso i dati una storia che in Italia si ripete da 60 anni.