Sii può anche morire da soli
di Antonio Agosta (Redazione Sicilia)
L’attrice, simbolo della bellezza del cinema italiano degli anni ‘50, la diva che rifiutò Hollywood, la “cotta di Totò, è morta lo scorso 6 gennaio all’età di 90 anni dopo un lungo ricovero nell’ospedale Gemelli di Roma. In suo onore, come viene fatto a tutte le celebrità del mondo dello spettacolo, è stata allestita la camera ardente nella sala della Promoteca in Campidoglio, mentre le esequie si terranno stamattina nella Basilica di Santa Croce al Flaminio.
Silvana Pampanini è stata chiusa dentro una bara bianca con sopra cinque rose rosse, circondata da soli pochi amici intimi, quelli di sempre, e nessun collega è andato a porgergli l’ultimo saluto come è accaduto per altri attori.
La diva, insieme ad altre sue colleghe, come Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano e Lucia Bosè, rappresentò la bellezza italiana a livello mondiale. In Francia la chiamavano Ninì Pampam, mentre in Giappone fu accolta come una vera divinità dall’imperatore Hiroihto.
Non si sposò mai, anche se le proposte di matrimonio non mancavano, e non ebbe la gioia della maternità, forse per scelte lavorative, ma fu la musa ispiratrice di molti personaggi illustri del mondo politico e del cinema.
“Bellezza in bicicletta”, film del 1951 diretto dal regista Carlo Campogalliani, vede una giovane attrice che mette in bella mostra le sue meravigliose gambe da far girare la testa a tutti gli italiani, e non solo, un successo di pubblico e di critica. Lo stesso pubblico, distratto, che in questi giorni ha dimenticato la “Malafemmina” come la chiamava il grande Totò.