di Mario Innocenzi
Dal 2005, il giorno 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria e per non dimenticare e far conoscere la storia ai nostri figli vi proponiamo un visita alMemoriale della Shoah di Milano.
La scelta della data ricorda il 27 Gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’ Armata Rossa arrivarono presso la città di Auschwitz scoprendo il tristemente famosocampo di concentramento e liberandone superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista.
Per non dimenticare un fatto cosi’ crudele e che ci lascia sempre senza parole vorrei suggerirvi una visita al Memoriale della Shoah di Milano.
Sotto la stazione centrale si nasconde un luogo che fa tristemente parte del nostro passato, ma che in pochi conoscono: il Binario 21. Non è né una replica del binario 21, attualmente funzionante in stazione, né un binario qualsiasi: esso è illuogo da cui ebbe origine l’orrore della Shoah di Milano.
Da quel binario infatti, tra il 1943 e il 1945, partirono i treni pieni di deportatidiretti ai campi di sterminio nazisti.
Il Memoriale della Shoah di Milano sorge in un’area della stazione Centrale situata al di sotto dei binari ferroviari ordinari. L’area era originariamente adibita al carico e scarico dei vagoni postali e aveva accesso direttamente da via Ferrante Aporti. Qui centinaia di deportati furono caricati su vagoni merci, che venivano sollevati tramite un elevatore e trasportati cosi’ al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati sulla banchina di partenza, veniva agganciati ai convogli diretti ai campi di concentramento e sterminio, o ai campi di raccolta italiani, come quelli di Fossili e Bolzano.
Il progetto del Memoriale, realizzato dallo Studio Morpurgo de Curtis Architetti Associati, si estende su una superficie di circa 7.000 mq e si sviluppa su due piani, piano terreno e piano interrato. È caratterizzato dal totale rispetto della morfologia originaria dell’area, al fine di mantenere la specificità dell’identità del sito di deportazione. Si tratta di un sistema di spazi integrati in sequenza che disegnano un percorso tematico: dalla “Sala delle testimonianze“, dedicata alle voci dei sopravvissuti, fino al “cuore” del Memoriale: il “Binario della Destinazione Ignota” e il “Muro dei Nomi”, dove sono ricordati i nomi di tutte le persone deportate dal Binario 21.
Ad accogliere i visitatori c’è una grande scritta che non passa di certo inosservata.INDIFFERENZA. Questa parola è stata scelta con cura e sta a rappresentare il sentimento che, più di ogni altro, ha fatto patire gli ebrei: l’indifferenza della gente nei confronti di ciò che stava accadendo.
Nel “cuore” del memoriale si trovano quattro carri merci dell’epoca, uguali a quelli che partirono alla volta dell’inferno. Tra il dicembre 1943 e il gennaio 1945 partirono da qui una ventina di convogli stipati di ebrei e di oppositori politici. In ogni vagone stavano dalle 50 alle 80 persone, quando chiaramente non c’era spazio per tutti. Non c’erano finestre, se non qualche fessura. Non veniva dato da mangiare né da bere ed i bisogni fisiologici si facevano in un secchio. Il viaggio durava 7 giorni e non tutti arrivavano a destinazione.
Lungo il Muro dei Nomi si trova una grande installazione in cui sono riportati i nomi delle 774 persone che vennero deportate: in bianco le vittime e in giallo i pochi sopravvissuti (22). I nomi non sono statici ma vengono messi in evidenza a rotazione, per restituire dignità a queste persone.
All’interno del memoriale c’è anche un luogo di riflessione, ricavato in una fossa di traslazione della stazione. Il suo interno è volutamente opprimente e buio (l’unico spiraglio di luce è una striscia che indica l’est) ed ha lo scopo di stimolare la riflessione ed il raccoglimento. Perché il memoriale non vuole essere soltanto un monumento alla memoria di chi non c’è più, ma anche un luogo per riflettere.
E’ compito di ciascuno di Noi coltivare ogni giorno nel proprio quotidiano questa memoria perché, ciò che è successo non possa e non debba più succedere. … Per questo, i “FIGLI della SHOAH” siamo anche NOI…
Per non dimenticare, vi ricordo le bellissime parole di Primo Levi che toccano ogni volta il cuore.
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
(Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947)