Editoriale di Romolo Martelloni
Re: Common e Amnesty International non si smentiscono mai quando si tratta di parlare dell’Azerbaigian. Vedono la difesa dei diritti umani a senso “unico.me“, come e’ successo per l’ennesima volta a Roma presso la sede della Federazione della Stampa il 1 dicembre, alla presenza dei vertici di questa federazione, e degli esponenti dell’associazione Re: Common e di Amnesty Internazional. L’argomento: il rispetto dei diritti umani in Azerbaigian, ma anche il gasdotto Tap. La prima domanda che viene spontaneo porci è cosa c’entri il gasdotto Tap con i diritti umani. Non mi risulta che sulla spiaggia di Melendugno sia stata impiantata una nuova Guantanamo. I due temi nulla hanno in comune. Di fronte ad un pubblico sparuto, gli organizzatori hanno dato vita ad un evento senza contraddittorio. Al termine delle presentazioni, qualcuno però ha sollevato questioni di rilievo, note forse non alla massa, ma ben conosciute a chi l’Azerbaigian lo conosce e lo studia. Innanzi tutto, tra le domande, si è’ chiesto perché, se si parla di diritti umani, non viene mai toccato il tema di un milione di rifugiati e profughi azerbaigiani cacciati dalle forze armate dell’Armenia dai territori occupati dell’Azerbaigian. E ancora: perché proprio l’Azerbaigian è’ stato scelto come target di attacco, tra i tanti paesi con cui l’Italia ha intensi rapporti commerciali e che sono anche i maggiori fornitori di energia della penisola? Potremmo farne un elenco considerevole, ma il gioco di chi sia il primo della classe interessa poco. Forse per gli organizzatori dell’incontro romano i cittadini azerbaigiani espulsi dalle loro terre storiche non hanno Diritti, tutti gli altri si’. E se poi gli altri sono criminali che si sono macchiati di gravi crimini, che hanno eluso le leggi dell’Azerbaigian e-o addirittura che sono stati aiutati prima e che adesso pretendono ciò che non gli è dovuto, tanto meglio. Da criminali Amnesty li trasforma in vittime.
Tra le falsità emerse nell’incontro c’era la questione che l’Azerbaigian avrebbe messo nella lista di persone non grate circa 500 giornalisti (quando 500 e’ il numero complessivo degli inseriti nella lista, che include tutte le categorie professionali) senza specificarne le cause reali. Sempre dal pubblico il chiarimento che si viene inseriti nella lista solo per aver violato la normativa azerbaigiana, attraverso l’ingresso non autorizzato dal governo dell’Azerbaigian nei territori occupati, e non per le posizioni più o meno ostili degli stessi rispetto al Paese.