Redazione – Sono loro i protagonisti del momento; Matteo Renzi e Sergio Mattarella. Il primo per le dimissioni post referendum, il secondo per il potere assegnatogli dalla costituzione di trovare ora una soluzione alla crisi di governo. Ieri sera la tradizionale “salita” al colle per le dimissioni formali, precedentemente “congelate” per l’approvazione lampo della legge di bilancio avvenuta in termini fiduciari, e quindi con i contenuti che saranno a sorpresa. Ma Renzi, tiene comunque banco, va alla Direzione del Pd, dice che il “suo” partito non ha paura del voto, quasi a voler sfidare la politica del NO, tentando di emarginare le vecchie nomenclature non certo a lui gradite, e probabilmente volendo trovare ora una unità di partito. Non sembra affatto uno che voglia o intenda lasciare il passo, o la politica. Anzi. Probabilmente il suo discorso è frutto delle migliori tradizioni democristiane, ossia quello di dire talvolta tutto il contrario di ciò che si pensa. Si annuncia con un mandato che finisce e per poi magari sperare in un reincarico, in quanto il partito da lui rappresentato è pur sempre il partito di maggioranza relativa in Parlamento. E dunque dove finisce il Presidente del Consiglio inizia il Segretario Nazionale del Pd, e viceversa. Ecco questo è un altro aspetto su cui dovremmo ragionare, l’inopportunità di questo “doppione”, in quanto i partiti dovrebbero “controllare” l’operato degli amministratori, e Renzi è controllore e controllato. Ovviamente non è certo l’unico, è quello del momento, ma troppe sono le concentrazioni di poteri politico/istituzionali che aleggiano nella nostra apparente Repubblica del terzo millennio. Molta gente ha votato no, proprio per evitare una concentrazione di questi poteri sui consiglieri regionali, su sindaci, che sarebbero stati ancorpiù tronfi di potersi trovare immediatamente in importanti istituzioni metropolitane, regionali ed in concomitanza essere Senatori. Anche questo non è piaciuto. La gente ha detto la sua, ma di fatto si è votato per un referendum che ha scelto il NO, quindi la costituzione resta cosi come è. Il voto pro o contro Renzi, è una interpretazione della politica, il referendum, infatti ha già il suo esito. La Costituzione, almeno per questi aspetti resta cosi come è. Tutto il resto, crisi di governo, nuove elezioni eccetera, sono frutto di una impostazione politica che lo stesso Renzi ha voluto attribuire alla consultazione. Personalizzandola, credendo forse in un plebiscito che in Italia è solo sogno o utopia. Cosicchè, l’era Renzi non è certo finita, e chi lo crede sicuramente sbaglia. Ci sarà un ritorno alla politica vecchia maniera? Beh resta da vedere il saggio Mattarella a chi darà retta. Non è che decide solo, del resto qualcuno ce lo avrà pur messo a rappresentare la Repubblica, e dovrà pur consigliarsi e rendere il conto di ciò che fa. Il rischio dei pentastellati al governo, favorisce il rinvio ad elezioni più lontane possibile, ma gli effetti del governo Roma e la strilloneria potrebbero invece avere una battuta d’arresto. Certo che il piacione Diba, è maggiormente accattivante di un Padoan, ma poi le istituzioni, i rapporti istituzionali sono ben altro. Un conto è la contestazione, un conto governare. E la storia questo ce lo insegna. Vedremo ora come finirà questa crisi del terzo millennio vissuta a suon di tweet e di post. Ai posteri le ardue sentenze. @direttore
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