Ogni atto umano è soggetto alla legge etica, solo alcune azioni sono soggette al diritto, restando sempre esclusa l’attività puramente interna: non tutto ciò che è morale è diritto, come le leggi della carità, della benevolenza, della temperanza. L’ordine giuridico, quindi, non è altro che l’esercizio della virtù della giustizia, parte dell’ordine morale. Il diritto, come ogni altra verità, deve essere desunto dalla realtà, dalla scienza delle cose. In questo senso la verità è legge di giustizia, e senza verità il diritto diventa pura legalità, privo di giustizia. Scindere il diritto dalla verità è privarlo di giustizia e di moralità, è privarlo così del criterio per distinguere il giusto dall’ingiusto, il vero dal falso diritto.
Come osserva Tommaso d’Aquino: compito proprio della giustizia è di ordinare l’uomo nei rapporti verso gli altri. La giustizia ha essenzialmente a che fare con l’altro, l’essere-altro considerato nella sua alterità, e si afferma nel rapporto intersoggettivo, nel vivere l’uno con l’altro, ed ognuno di noi è l’altro del suo vicino: l’uomo è naturaliter socialis, e domanda di unirsi agli altri nella comunicazione spirituale dell’intelligenza e dell’amore. La giustizia è dunque una virtù essenzialmente sociale. Inoltre, anche la verità, o meglio la veracità, si connette con la giustizia, ed è anzi una pars iustitiae. Ognuno ha verso gli altri l’obbligo di essere veritiero, e ciò anche perché, senza il reciproco credito, sarebbe tolta la possibilità della convivenza, imposta all’uomo dalla sua natura sociale. Tutta la vita in comune è così cooperazione, per cui: fra gli uomini non potrebbe mantenersi la società, se uno non aiutasse l’altro. (Tommaso d’Aquino, C. Gent., III, c. 131).
E’ importante accorgersi come la giustizia riguardi non tanto le cose esterne in sé, ma in quanto ce ne serviamo nei nostri rapporti con gli altri. La materia prossima e propria del diritto è l’azione umana sociale, e il diritto, secondo s. Tommaso, deve tendere a qualche cosa ancora di più alto: a mantenere, incoraggiare e rinforzare l’amicizia fra gli uomini, anch’essa frutto della giustizia e suo naturale coronamento umano. Per cui l’intenzione principale della legge umana è di stabilire l’amicizia degli uomini tra loro, sebbene si limiti a proibire gli atti esterni per la pace e la tranquillità della città e, prosegue: lo stesso avviene nella legge divina che tende principalmente all’amicizia dell’uomo con Dio. Il diritto, infatti, è un vincolo che ci lega ab extra, solo con l’amore siamo tenuti insieme ab intra. E, ci ricorda Aristotele: tra le cose necessarie alla vita umana, l’amicizia è la più necessaria.
Alla luce di tutto ciò, domande immediate sul nostro oggi sorgono: l’Europa e il suo Parlamento, gli stati d’Europa singolarmente, hanno la cognizione vera del senso di giustizia? Sapranno prendere giuste misure per avere ragione del male del terrorismo, piuttosto che cercare logica nella non logicità di invasati psicopatici, che seminano morte tra gli indifesi, e colpiscono vigliaccamente e volutamente i bambini? E, in Italia, la riforma costituzionale che si vuole perseguire stabilisce l’amicizia nel Popolo italiano?, o determina la netta separazione interna degli intenti? Favorisce lo sviluppo economico o ingolfa maggiormente quanto ambisce semplificare? Realisticamente parlando: abbatterà la stortura indigeribile dei privilegi istituzionali?, valorizzerà il merito e la competenza piuttosto che il solito fare clientelare, vizio atavico della nostra bella Italia? E la legge elettorale porterà i politici ad essere rappresentanza diretta del Popolo, li renderà più vicini al Popolo; il loro impegno comporterà meno performance televisive e più cose da risolvere? Soprattutto: ci saranno politici in grado di fare i politici? La questione lavoro verrà riportata al centro di tutti i ‘tavoli’ programmatici? A cosa serve cambiare se non si è ‘radicalmente’ pronti a, realisticamente, cambiare?
Più in generale: la giustizia è ancora una virtù essenzialmente sociale?, o ha smarrito la dritta via grazie ai condottieri governativi e sindacali fautori di vincoli ab extra piuttosto che ab intraistituzione? La chiarezza, la verità, l’evoluzione culturale sono la base di ogni autentico desiderio di riforma, capace di superare qualsiasi paura, credo anche l’unica strada per parlare al cuore e all’intelligenza dei Popoli.
Maria Francesca Carnea