di Maria Francesca Carnea
La cultura politica moderna è permeata dalla logica della separazione e della parzialità, gli ultimi risultati delle elezioni nei Comuni d’Italia hanno dato chiara conferma su cui riflettere. Un linguaggio di ‘pancia’, che sazia forse chi usa questa dialettica, di matrice sofistica, non sana tuttavia i problemi reali, non aiuta a conoscere, né a capire, tanto meno a riportare la persona al centro dell’azione della politica e quindi del bene, fine primo che chiede, piuttosto, metodo e obiettività, sguardo di lungimiranza, valori umani, e non continuo attacco verso ciò che è accaduto, poiché puri rimangono i bambini e, a guardarci intorno, ci sono troppi adulti che hanno dimenticato la genuinità dell’essere bambini, come anche l’alto concetto della politica: più alta forma di carità e servizio.
L’idealismo assolutizza l’Io, fino ad identificarlo con tutta la realtà; il positivismo con le sue presunzioni scientiste, all’opposto, riconduce tutta la realtà alla sola natura, mentre la metafisica si eclissa. La modernità ha frantumato l’immagine dell’uomo e, per uscire dalla crisi della modernità, occorre ancorarsi al grande sistema di pensiero organico costituito dal tomismo, punto di riferimento per ritrovare i fondamenti dell’etica, della politica e dell’educazione.
Da Tommaso d’Aquino si trae l’idea della persona umana come entità ontologica, cioè realtà avente valore in sé, indipendentemente dalla natura, dalla società o dallo stato, che muove la sua consistenza dal rapporto con l’Assoluto. Il recupero della metafisica e della teologia è condizione per la ripresa del valore della persona e, dunque, della rifondazione di un ordine sociale modellato sulla dignità dell’uomo.
L’idea tomista dell’uomo coincide con l’idea greca, ebraica e cristiana: è quella di un uomo come
animale dotato di ragione, la cui suprema dignità consiste nell’intelligenza; di un uomo come libero
individuo in relazione personale con Dio, la cui suprema virtù consiste nell’obbedire volontariamente alla legge di Dio; di un uomo come creatura peccatrice e ferita, chiamata alla vita divina e alla liberazione apportata dalla grazia, la cui suprema perfezione consiste nell’amore.
Ogni stato ha il dovere di educare i suoi cittadini ai valori delle comunità su cui si regge, ma questi valori devono essere filtrati attraverso le diverse comunità e dottrine che lo costituiscono. Un’educazione pluralista non è un’educazione agnostica, ma un’educazione che permette ad ogni comunità religiosa di trasmettere i valori comuni, attraverso il particolare messaggio che la contraddistingue. L’individuo che nasce libero, nella società deve divenirlo attraverso l’educazione, attraverso la conoscenza, attraverso il dialogo e il confronto.
L’educazione contemporanea, tuttavia, è parziale, perché ha smarrito il senso dell’integralità umana. Occorre dare avvio a una pedagogia nuova, che sappia ispirarsi a un nuovo umanesimo che superi l’antropocentrismo a favore di un umanesimo integrale per la valorizzazione e realizzazione dell’uomo. Mezzi, metodi, programmi, tecniche educative sono importanti, ma secondari, rispetto all’obiettivo di insegnare la verità di cui è testimone l’educatore. L’educazione che si lega a questa visione deve sviluppare: il senso di responsabilità e degli umani doveri, l’esercizio dell’autorità per il bene generale, il rispetto dell’umanità in ogni singola persona.
E non bisogna mai dimenticare che la vita scorre come onda intima nell’oceano e che, giunta a riva, posa quanto riesce a trasportare e lì lascia i suoi averi, i suoi valori, ritirandosi poi, sommessa, nel silenzio nell’immensità che la pervade.