Editoriale – Enrico Berlinguer amava a tal punto i bambini che ad ogni comizio quando ne scorgeva qualcuno si fermava a sorridere. Ma non quel sorriso malinconico che l’ha sempre contraddistinto, il “sorriso del sardo” come ironizzava Rino Formica, ma un sorriso beato, felice, quasi commovente. nell’ultimo comizio il giorno prima di quello di Padova dove purtroppo si accascio’, a Genova Enrico Berlinguer era rimasto colpito da tutti quei bambini, in piazza, nonostante quella giornata così calda. Lui era abituato alla folla dei comunisti che sempre si stringeva attorno a lui, nelle città e nei paesi. Ma quel pomeriggio a Riva Trigoso, nella sua ultima volta in Liguria, quei bambini lo impressionarono. Perché lo applaudivano e lo incitavano con assidua costanza e inusitata speranza, alzavano i pugni al cielo come i padri. E Berlinguer lo confessò, sul podio: «Quanti bambini», disse mentre sventolavano i vessilli con la falce e il martello e mentre un malandato megafono elargiva a tutto volume Bandiera Rossa . Altri tempi, trent’anni fa esatti, il 6 giugno del 1984.A Riva inaugurava una seconda sezione del Pci: quella dei cantieri e quella del territorio. Un giorno prima del dramma di Padova, quando un ictus colpì il segretario generale del Partito comunista italiano. Cinque giorni prima dell’inferno, l’11 giugno, quando Enrico morì e lasciò solo un intero popolo, probabilmente per sempre.
Altri tempi, eppure i nodi della politica erano già chiari. L’Europa, certo, visto che quella era la campagna per le Europee che poi i comunisti avrebbero stravinto con il 33,3% superando per l’unica volta la Dc. Berlinguer richiamava tutti gli Stati all’obiettivo unitario del lavoro, viste le lotte che in tutti gli Stati stavano rinvigorendo la battaglia politica: «Si sciopera tra i metalmeccanici in Germania, tra i minatori in Francia, persino tra gli operai del Lussemburgo, che era da trent’anni che non si mobilitavano». I l nemico erano già le multinazionali, le banche e le sovrastrutture comunitarie, anche se in quell’era si chiamavano «forze padronali»: «La lotta è comune e per noi italiani è ancora più forte, visto che – tuonava Berlinguer – contro i lavoratori in Italia si schierano direttamente le forze del governo». Un governo, quello del Pentapartito, secondo Berlinguer «sgangherato e diviso, caratterizzato da scambi di accuse infamanti e minacce mafiose»: «Stanno insieme solo per il potere e perché hanno paura i socialisti dei democristiani e viceversa».
C’era lo scandalo P2, uno scandalo mai finito, che ancora oggi affiora puntualmente: «Formica ha detto che la Dc è al comando del marciume, Andreotti ha chiesto una smentita ma Craxi non l’ha fatto. Si odiano». Per questo l’invito del segretario comunista era all’unità dei lavoratori, per difendersi, per costruire un argine contro «chi ci vuole mettere all’angolo», contro gli arsenali missilistici e il degrado della democrazia, per tenere botta «all’unicità dei socialisti italiani, gli unici in Europa alleati con chi conduce una lotta accanita e frontale contro le forze della sinistra». Nelle stesse ore a Pontassieve, in Toscana, prendeva sonno un bimbo di 9 anni di nome Matteo Renzi.
(Mario Innocenzi)