Sul nostro Pil, il prodotto interno lordo, intervengono con le loro analisi sia l’Ocse, a livello internazionale, che il Censis sul piano strettamente collegato all’economia del Mezzogiorno.
L’Ocse sostiene che la nostra economia sta riprendendo vigore, mentre il Censis evidenzia l’arretramento delle regioni del Sud.
Per il Pil del nostro Paese l’Ocse nel suo Economic Outlook prevede una crescita all’ 1% nel 2016 e all’ 1,4% nel 2017. Quindi l’Ocese pur mantenendo le stime di febbraio sottolinea che il principale driver della crescita resta il consumo privato, “nonostante il recente rallentamento nella crescita dell’occupazione”.
L’Ocse evidenzia anche come “i limiti nell’offerta di credito bancario, insieme all’incertezza sulle future condizioni della domanda, impediscono una ripresa più forte” e sostiene che sia bene per l’Italia spostare le tasse su consumi e casa: “ridurre in modo permanente i contributi per lo Stato sociale, specialmente quelli sui bassi salari, insieme ad efficaci politiche sul mercato del lavoro, e allo spostamento dell’onere fiscale verso consumo e proprietà immobiliare, basandosi su valori catastali aggiornati, porrebbe le basi per una crescita più forte ed equa”.
Mentre il Censis rileva la distanza tra il Sud e il Centro-Nord del nostro Paese.
Il Pil per del Mezzogiorno è ancora molto lontano da quello del Centro-Nord, pari a 17.600 euro contro 31.200 euro. E, dopo l’inizio della crisi, tra il 2009 e il 2014, il Pil pro-capite al Sud è diminuito del 7,6%.
Il Pil per occupato, evidenzia sempre il Censis, nel medio periodo ha dimostrato una maggiore capacità di tenuta: -0,3% tra il 1995 e il 2014 per le regioni meridionali e -3,3% per le regioni centro-settentrionali. Questo “è il segno secondo il Censis di un’Italia due velocità, dove “la distanza tra Nord e Sud non sta nella produttività, ma nel diverso tasso di occupazione”.
E’ buona invece la tenuta delle esportazioni del nostro Paese. A partire dal 2012, il saldo commerciale di beni e servizi dell’Italia verso il mondo è tornato attivo ed è aumentato progressivamente fino a superare la cifra di 45 miliardi di euro nel 2014, per poi scendere nel 2015 a 41 miliardi.
Il miglioramento “è attribuibile in parte alla diminuzione del deficit di prodotti energetici”, ma anche “all’avanzo dell’interscambio manifatturiero che è aumentato gradualmente negli ultimi anni”, passando dai 53 miliardi di euro del 2007 ai 99 miliardi del 2014, per attestarsi a 94 miliardi nell’ultimo anno.
“Questo risultato – sottolinea il Censis – evidenzia la tenuta delle esportazioni del nostro Paese in un periodo di crescita contenuta del commercio mondiale. E dimostra che, se i grandi numeri delle esportazioni sono certo dati dal contributo delle imprese medie e medio-grandi, queste trainano le imprese minori e tracciano la scia nella quale l’economia reale può trovare spazi autonomi di innovazione e di crescita”.