Redazione esteri – Dieci mesi dopo aver annunciato la nomina dell’ex parlamentare del Pdl Fiamma Nirenstein come ambasciatore di Israele a Roma, il premier Benjamin Netanyahu ha dovuto cambiare candidato, dopo il suo “passo indietro per motivi personali”. Sulla poltrona di ambasciatore nella elegante sede dei Parioli a Roma siederà Ofer Sachs, attuale direttore dell’Istituto israeliano per l’esportazione. Un’altra nomina politica dunque, che lascia l’amaro in bocca nel Ministero degli Esteri perché è la decima scelta fatta fuori dei ranghi diplomatici. Il premier Netanyahu che mantiene nelle sue mani – insieme a molti altri – anche l’interim del ministero degli Esteri – ha redistribuito consolati e ambasciate a amici, sostenitori e alleati in maniera quasi scientifica. Per esempio nel suo ruolo di Ministro degli Esteri può nominare direttamente Ofer Sachs ambasciatore e come Ministro dell’Economia può nominare il suo successore all’Istituto per l’esportazione, che sarà il direttore generale del Likud, il suo partito.
Per mesi il premier ha finto di ignorare l’evidente conflitto di interessi nella nomina di Fiamma Nirenstein e le divisioni che aveva suscitato fin dal suo annuncio dato, con largo anticipo, lo scorso settembre. Non solo la comunità ebraica romana aveva mostrato perplessità direttamente al presidente Reuven Rivlin durante una sua visita nella capitale, ma anche da Palazzo Chigi in via informale era stata espressa qualche perplessità. Una nomina che aveva suscitato anche molti mugugni nel ministero degli Esteri israeliano, dove si trovava davvero singolare la scelta di una signora che al momento di assumere l’incarico avrebbe superato di almeno 6 anni l’età pensionabile. Rilievi che Netanyahu ha finto di ignorare per mesi confermando la sua scelta fino a tre settimane fa, quando Haaretz scavando nel lavoro di giornalista della Nirenstein “trovò” un articolo del 1996 molto critico nei confronti della signora Sara Netanyahu, una donna inadeguata, piena di manie e fissazioni, «un mostro vestito da First Lady». Giudizi di venti anni fa, ma che si sono rivelati imbarazzanti per l’ambasciatore designato. Tutti sanno a Gerusalemme che Bibi può anche perdonare ma Sara no. Chi tocca muore. Lo sanno parlamentari, ministri, ad di grandi company, candidati alla presidenza. Anche un capo del Mossad ne ha pagato il prezzo. Il passo indietro della Nirenstein non appare – secondo i ben informati a Gerusalemme – legato alle tensioni che si erano create attorno alla sua nomina ma all’ira di Sara su quei giudizi espressi in anni lontani.
Una vicenda che svela ancora una volta il massimo potere discrezionale che il premier sta usando, in una forma – ha scritto nel fondo l’altro giorno Yedioth Aaronoth – «che rappresenta più una monarchia assoluta che una democrazia parlamentare». Ma “King Bibi” non sembra curarsene, così come in questi giorni finge di ignorare la battaglia in corso fra il Controllore generale dello Stato Joseph Shapira e il Procuratore generale Madelbilt. Motivo dello scontro i “Bibi Tours”, i viaggi che il premier allora Ministro delle Finanze faceva intorno al mondo con la moglie Sara e un largo seguito. Viaggi pagati da un Fondo di investimento ebraico americano. Senza mezze parole Shapira ha invitato il Procuratore generale a procedere rapidamente sulle investigazioni e se
del caso procedere prima che scadano i termini giudiziari. Mandelbilt che ha assunto l’incarico di Procuratore da pochi mesi, si trova in un certo imbarazzo perché in passato è stato avvocato della famiglia Netanyahu. Un’altra scelta “strategica” di Netanyahu.
Fonte: Repubblica