Roma – Ormai è stata sancita una vera e propria rottura tra Roma e Il Cairo dopo il fallimento della collaborazione tra gli inquirenti dell’Egitto ed i magistrati italiani sul caso di Giulio Regeni. Il tanto atteso incontro romano, infatti, si è tradotto in un nulla di fatto perché sembra che gli egiziani si siano presentati davvero con molti pochi elementi utili a fare luce sulla morte del giovane ricercatore italiano ritrovato con evidenti segni di tortura dopo alcuni giorni dalla sua scomparsa nella capitale del paese del Nilo. I magistrati della Procura romana, secondo quanto fanno trapelare gli ambienti giudiziari, si sentono davvero presi in giro dai colleghi giunti dalla capitale egiziana. La reazione degli inquirenti e del governo italiano sono state, così, davvero stizzite e sia il Primo ministro Renzi, sia il Ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, hanno annunciato il richiamo dell’ambasciatore italiano per consultazioni. Le autorità italiane contestano alla parte egiziana la mancata consegna di importanti documenti, come i tabulati delle telefonate fatte da Regeni in Egitto, destinati a fare luce sulla morte del giovane. Sembra che gli inquirenti del Cairo continuino ad insistere sulla responsabilità di una banda di criminali mentre, invece, è cresciuta la certezza che la responsabilità del delitto possa essere collegata ad ambienti dei servizi di sicurezza egiziani.