Dalla Svizzera altre 45 casse cariche di reperti archeologici sottratti al patrimonio artistico italiano, rientrano a Roma. Il nucleo dei carabinieri della Tutela del Patrimonio Culturale dopo mesi di indagine, riescono a far rientrare in Italia reperti dal valore di 9 milioni di euro.
La notizia è di due giorni fa: 45 casse piene di reperti archeologici etruschi sono state recuperate in quel di Ginevra, dai carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale grazie ad una complessa attività investigativa.
L’operazione internazionale “Antiche Dimore” ha portato al recupero di un gran numero di reperti che, come sottolineato dal generale dei carabinieri Mariano Mossa, hanno un valore che “si aggira intorno ai 9 milioni di euro”. Si tratta di reperti databili tra il VII secolo a.C. e il II d.C. che, secondo le parole della soprintendente archeologica del Lazio e dell’Etruria Meridionale Alfonsina Russo, sarebbero stati trafugati durante le numerose razzie dei siti laziali avvenute durante gli anni 70 e 80 del secolo scorso. Le scatole contenenti tre lastre affrescate costituenti una tomba, una coppia di sarcofagi etruschi dipinti e riproducenti figure umane, un sarcofago romano, statue e teste in marmo, pavimenti e pareti di un tempio erano conservate da un mercante inglese all’interno di un deposito a Ginevra e destinati ad eventuali compratori in Giappone, Stati Uniti e Inghilterra. Il Ministro dei beni culturali Dario Francheschini, dopo il ritrovamento, ha assicurato che “Il destino di questi reperti è di tornare nei loro territori” e che verranno ricollocati nei musei delle aeree dal quale sono stati sottratti. L’attività dei carabinieri guidati dal Generale Mossa, è una costante ormai da anni: il recupero delle 45 casse in Svizzera fa ritornare alla mente altri due ritrovamenti “storici”. La prima del gennaio 2015: dopo 4 anni di battaglie legali con la Svizzera e oltre 10 anni di indagini, nel gennaio 2015 rientravano a Roma ben 5361 reperti archeologici, con un valore di oltre 50 Milioni di euro. Stavolta il deposito in cui erano conservati i reperti era a Basilea, invece il mercante d’arte era un siciliano di Castelvetrano, sulle cui spalle si ergeva un’organizzazione che tra i suoi componenti aveva tombaroli, restauratori, esperti d’arte, collezionisti insospettabili e personaggi di spicco delle maggiori istituzioni museali internazionali. Anche questa volta il ministro dei beni culturali aveva dichiarato “che ognuno di questi reperti venga restituito alle regioni a cui è stato illecitamente sottratto”. Il secondo recupero importante è stato quello di ben 25 opere, effettuato sempre dai carabinieri del Tpc aiutate dalle autorità americane. Reperti archeologici etruschi, greci, romani, pitture murali, manoscritti dal valore di 30 milioni di euro; una collezione che fra i suoi pezzi più pregiati vanta una Kalpis etrusca a figure nere del pittore di Micali che era esposta al Toledo Museum of Art e un coperchio di un sarcofago di epoca romana, raffigurante una donna sdraiata che era finito in vendita in una nota gallery di New York per 4,5 milioni di euro. Il lavoro del Generale Mossa e dei suoi uomini è vitale, anno dopo anno, per la preservazione dei beni culturali e dei reperti archeologici made in Italy; se guardiamo un dato puramente economico il furto di opere d’arte e il traffico che si crea, genera un profitto ogni anno di 9 Miliardi di dollari e un danno incalcolabile per lo stato Italiano.