Roma – Il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin incontrerà oggi 24 marzo la Conferenza delle Regioni, presieduta da Stefano Bonaccini. Il ministro – nel suo editoriale della newsletter del dicastero (N. 8, anno 2016) – scrive che per il Governo è interesse primario “mantenere il nostro Servizio sanitario nazionale come un modello universale e universalistico, che e’ la nostra grande differenza rispetto a quello che accade nella maggior parte dei Paesi del mondo. Quello che abbiamo in Italia, cioè accesso a cure e prestazioni di massimo livello e di massima eccellenza in modo gratuito per tutti è una ricchezza sociale del nostro Paese”. E tra l’altro “lo facciamo spendendo pochissimo rispetto ai nostri altri vicini di casa: noi spendiamo il 6,5% del prodotto interno lordo”.
Sanità e sistema delle conferenze; iI ministro Lorenzin: “troppi limiti”
“È ovvio che, per farlo, sono stati fatti grossi sacrifici in anni di crisi economica”, ma “i prossimi saranno anni – garantisce il ministro – in cui torneremo ad investire sul personale sanitario, sull’accesso al farmaco e sulle infrastrutture”.
“Nel piano di rientro che abbiamo inserito nella legge di stabilità non agiamo più solamente sulle Regioni, ma entriamo negli ospedali. Verifichiamo cioè i livelli essenziali di assistenza dei singoli ospedali che in questi anni hanno sforato”. E lo strumento sarà “un piano di rientro triennale”, quasi “una road map per uscire dalla crisi, noi andiamo in profondità dei processi, con l’obiettivo di rendere sempre più efficace ed efficiente il sistema sanitario e di liberare le risorse, che così verranno risparmiate e reinvestite nel sistema. Questa è una grande novità del Patto per la salute: le risorse non vanno più via, rimangono all’interno del comparto, con delle priorità: quest’anno sono stati i Lea e il farmaco per l’epatite C; nei prossimi anni lo saranno il personale sanitario- conclude Lorenzin- l’innovazione e la ricerca e l’accesso ai farmaci”.
Argomenti che sicuramente saranno affrontati nel corso del citato confronto del 24 marzo con i Presidenti delle Regioni così come è probabile che in quella stessa sede possano essere affrontati argomenti “di sistema” anche alla luce del dibattito parlamentare sul disegno di legge di riforma costituzionale. Temi che il ministro Lorenzin ha affrontato nel corso di un’audizione alla commissione bicamerale per le questioni regionali nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al “sistema delle conferenze”. Un sistema che – secondo Lorenzin – nonostante si debba certamente riconoscere abbia giocato un ruolo fondamentale nell’attuazione del Titolo V della Costituzione, ha però dimostrato e dimostra inevitabili limiti, consistenti soprattutto nell’appesantimento dei processi decisionali, anche nei casi in cui invece sarebbe necessaria una maggiore celerità e immediatezza nell’assunzione delle decisioni”.
“L’ampio ricorso al «sistema delle conferenze», soprattutto nel settore della salute” è dovuto, secondo il ministro, all’ampliamento “delle funzioni legislative attribuite alle regioni”, alle difficoltà di distinguere, nella potestà legislativa concorrente “i princìpi fondamentali riservati alla competenza legislativa statale”, distinguendoli dalle norme di dettaglio, di competenza invece delle Regioni. Fra i “problemi”, citati dalla Lorenzin nell’audizione, c’è il fatto che “lo Stato non può emanare regolamenti nelle materie attribuite alla potestà legislativa concorrente o residuale delle Regioni, come è appunto il caso della tutela della salute. Immaginiamo la materia alimentare e alcuni temi riferiti ad asset legati a un virus, alle vaccinazioni o ad altre questioni che possono richiedere un approccio nazionale e non un approccio puramente regionalistico. Infine: impossibilità per lo Stato di adottare atti di indirizzo e coordinamento nelle materie riservate alla potestà legislativa concorrente o residuale delle Regioni”.
Secondo il Ministro della salute il “Titolo V ha notevolmente rafforzato e ampliato la potestà legislativa delle Regioni, in primo luogo enumerando le materie espressamente riservate allo Stato e lasciando alle Regioni tutte le altre, in tal modo invertendo radicalmente il criterio di cui al testo previgente, che invece elencava le materie attribuite alle Regioni, lasciando tutte le altre allo Stato, che restava dunque l’ente a competenza legislativa generale”. “Proprio per questo motivo –ha spiegato lorenzin – la legislazione ordinaria statale ha fatto sempre più spesso rinvio ad intese o accordi da stipulare in Conferenza Stato-Regioni per l’emanazione dei dispositivi attuativi delle leggi statali. Ciò al fine di garantire ragionevoli livelli di uniformità”. Sotto il profilo del riparto di competenze, la principale modifica apportata dalla riforma costituzionale consiste nella eliminazione della potestà legislativa concorrente e del relativo elenco di materie: “in conseguenza di tale eliminazione, permangono solo due tipologie di potestà legislativa: quella esclusiva dello Stato e quella esclusiva delle Regioni, cui corrispondono due elenchi di materie, tra i quali sono state distribuite alcune delle materie attualmente rientranti nella potestà legislativa concorrente. Ciò dovrebbe risolvere in radice la difficoltà di distinguere, nell’ambito della potestà legislativa concorrente, i princìpi fondamentali riservati alla legislazione statale dagli aspetti di dettaglio di competenza regionale”.
“Dal testo della proposta di riforma costituzionale, emerge chiaramente la consapevolezza della necessità di assicurare in alcuni settori uniformità di trattamento sull’intero territorio nazionale”. E’ il caso, ad esempio, “dell’ordinamento delle professioni, tra cui rientrano anche le professioni sanitarie, e della tutela e sicurezza del lavoro”, e sulla “questione delle professioni sanitarie” pesa anche “tutto il tema della formazione”.
Per il ministro della salute la “nuova allocazione e distribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni dovrebbe condurre alla risoluzione di molte delle criticità prima segnalate, soprattutto se letta in combinato con l’altra novità di fondamentale importanza prevista dalla riforma: il superamento del bicameralismo perfetto, con la radicale riforma del Senato, che viene espressamente configurato come assemblea rappresentativa delle istituzioni territoriali. In tal modo, si garantisce la partecipazione di queste ultime all’elaborazione delle politiche nazionali, attraverso la loro formale inclusione nel circuito decisionale e nella cornice degli organi costituzionali”. “Le Regioni e gli enti locali, mediante i propri rappresentanti al Senato” potranno dunque “partecipare a monte al procedimento legislativo e ciò dovrebbe ridurre la necessità di un loro coinvolgimento a valle dello stesso”. A questo punto è verosimile, oltre che auspicabile, che la legislazione ordinaria riduca al minimo gli eventuali rinvii e successive intese o accordi per l’attuazione normativa delle disposizioni di rango primario”. “Le conferenze potrebbero invece conservare lo status di luogo di concertazione a livello tecnico-amministrativo, ai fini dell’attuazione delle disposizioni definite a livello primario”.
Fino ad oggi la Conferenza Stato-Regioni è stata determinante nella governance soprattutto su alcuni “capitoli” importanti della politica sanitaria: “il primo è la definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA); il secondo è la determinazione del fabbisogno sanitario nazionale, il relativo riparto tra le Regioni, nonché l’approntamento di strumenti e procedure per il ripiano dei disavanzi sanitari, attraverso i cosiddetti piani di rientro, a cui ricordo che è sottoposta mezza Italia; il terzo è la stipulazione dei cosiddetti Patti per la salute”.
Comunque, ha riconosciuto il ministro, “il passaggio per il ‘sistema delle conferenze’ diventa di fatto necessitato al fine di assicurare il raccordo tra i diversi livelli di governo e, per tal via, il rispetto del principio di leale collaborazione. Considerazioni analoghe valgono con riguardo al tema del finanziamento e della programmazione del servizio sanitario nazionale”.
“Proprio con riguardo al tema finanziario, occorre sottolineare inoltre che, negli ultimi anni, si è avuta una forte produzione normativa finalizzata a disciplinare le misure per il risanamento dei disavanzi sanitari, nelle Regioni nelle quali è stato accertato un disavanzo superiore a certistandard definiti normativamente”.
“Altro ruolo fondamentale attribuito dalla normativa vigente, e da quella più recente in particolare, alla Conferenza Stato-regioni –ha spiegato Lorenzin – attiene alla definizione sia del fabbisogno sanitario nazionale standard, sia dei costi e fabbisogni standard regionali, che ricordo essere definiti da una media fra le Regioni e il benchmark. In particolare, è previsto che tali fabbisogni e costi, di fondamentale importanza nel processo di attuazione del federalismo fiscale in campo sanitario, debbano essere definiti appunto mediante intesa sancita in Conferenza Stato-Regioni”.
“Anche con riguardo a questi aspetti, come è ovvio, il ricorso alla Conferenza si giustifica in ragione della necessità di garantire che le decisioni principali in materia di finanziamento del Servizio sanitario nazionale siano concertate tra il Governo centrale e i soggetti che sono istituzionalmente deputati all’erogazione delle prestazioni, ovvero le Regioni”. E “la Conferenza Stato-Regioni rappresenta l’unico organismo, a Costituzione vigente, in grado di assicurare – questo non è un aspetto secondario, vorrei farlo presente a chi non ha pratica del momento del riparto – a livello istituzionale, il necessario raccordo e l’indispensabile negoziazione tra livelli di governo, in un settore peraltro di fondamentale importanza come quello della programmazione della spesa sanitaria”.
“La riforma costituzionale attualmente all’esame del Parlamento potrà determinare un superamento delle funzioni oggi esercitate dalla Conferenza. Credo che l’aspetto più importante sarà proprio quello del riparto, per il quale si immagina che, non essendo più in Conferenza, ma ponendosi per esempio all’interno del Senato, diventerà un aspetto in cui elementi di compensazione, che ci sono stati in questi anni, non ci saranno più, o bisognerà trovare una formulazione diversa – dobbiamo immaginare come funzionerà il meccanismo dopo la riforma – rendendo, ed è questo l’auspicio – ha concluso il ministro – più veloce, celere e direi anche più trasparente il processo decisionale preposto all’assunzione delle determinazioni in questione”. Su queste tematiche di riforma sta alacremente lavorando anche Ugl Medici Nazionale, attraverso una azione determinata intrapresa dal Segretario dott. Filippo Fordellone.