” De Chirico abbraccia la metafisica”
Dopo l’esperienza delle avanguardie che seguì la Prima guerra mondiale, nel dopoguerra si cercò di ritornare all’ordine, e cancellare o quanto meno alleviare il dolore, la disillusione e il terrore di quanto vissuto. La figurazione fu così indirizzata verso i modi espressivi tradizionali per rassicurare chi osservava; ci fu quindi la nascita di un’arte il cui scopo doveva essere quello di generare sicurezza e protezione, per sopperire alle tante mancanze generate. Fu in questo periodo che “nacque” la figura di Giorgio De Chirico, che attraverso la metafisica, termine che entrò nel vocabolario artistico, riuscì con la pittura a realizzare opere la cui caratteristica principale fu “l’andare oltre”, rappresentando un qualcosa capace di contenere realtà e sostanza priva di involucro, da percepire esclusivamente attraverso gli “occhi della mente” e i sensi. Furono rappresentati oggetti e luoghi messi in relazione attraverso sorprendenti meccanismi, non legati però in modo diretto alla realtà, comprendendola ma non rappresentandola nella sua reale forma, dando origine al mistero e alla dogmaticità. Fra i suoi maggiori capolavori vi è senz’altro “Ettore ed Andromaca”, opera in cui i due personaggi vengono raffigurati come manichini, privi di volto, tratti da reali forme di vita che però vita non hanno, proseguendo con l’atto di devitalizzazione. I movimenti congelati e l’atmosfera statica conferiscono maggior intensità alla drammaticità del momento, in quanto Ettore saluta la sua amata prima di partire in guerra. Infine le lunghe ombre sul suolo lasciano presagire il triste finale.
(Morena De Luca)