Sky News: consegnata alla redazione del famoso canale televisivo una chiavetta usb, contenente 22.000 nomi di possibili jihadisti. Dopo anni di strapotere, avanzata e terrore, vengono svelati per la prima volta possibili dati sensibili del sedicente stato islamico.
La notizia arriva direttamente dalla redazione di Sky News: un “pentito” del califfato, ha trafugato e inviato al giornale una lista di oltre 22.000 jihadisti. Nella lista sono indicati dati anagrafici e personali di presunti terroristi, provenienti da oltre 51 paesi diversi. Nella lista per esempio figura il nome di Abdel Bary, rapper londinese che nel 2013 si era unito all’Isis; oppure quello di Junaid Hussain, giovane hacker di Birminghman, che secondo alcune fonti sarebbe il responsabile del servizio informazioni e reclutamento dello Stato Islamico. Si pensa che questo enorme archivio, una volta confutata la sua autenticità, possa costituire un’enorme fondo dal quale attingere informazioni utili per stanare i terroristi in tutto il mondo. Naturalmente il file è arrivato in maniera del tutto anonima, o per lo meno così assicura la redazione di Sky News; ma le prime ipotesi fatte degli esperti sull’identità del mittente, parlano di un ex ribelle anti-Assad dell’Esercito siriano libero, passato tra le fila dell’Isis, e che “deluso” dallo Stato Islamico, abbia deciso di trafugare questi dati importanti e di consegnarli alla TV britannica. Ma cerchiamo di disegnare un quadro ideale dell’avanzata Isis in due paesi chiavi. La Siria è stata sin dal 2011 teatro di due guerre parallele: quella civile tra i ribelli anti-Assad e le forze governative lealiste e quella invece combattuta da entrambi gli schieramenti contro l’avanzata e l’occupazione del sedicente Stato Islamico. Oggi la Siria, terra dove giornalmente si spara, si muore e si uccide, vede il 60% del suo territorio sotto il controllo delle fazioni ribelli e dei miliziani dell’Isis, mentre il restante 40% è in mano alle forze lealiste che in questi 5 anni di conflitto non hanno mai fatto mancare il loro appoggio al presidente-dittatore. I conflitti in terra siriana sono iniziati sull’onda lunga della Primavera Araba. Il 6 Marzo del 2011 a Dara, cittadina del sud del paese, si manifestarono i primi dissensi popolari. Sui muri di una scuola della piccola città apparvero alcune scritte che inneggiavano al rovesciamento del regime e alla morte del presidente Bashar Al-Assad. La risposta governativa non tardò ad arrivare con l’arresto 10 giovani; inoltre si susseguirono per diverse settimane arresti ingiustificati, sparizioni e furono schierati militari e forze di polizia in tutte le più grandi città della Siria, al fine di evitare le sommosse di piazza che avevano colpito gli altri stati islamici. La guerra civile tra le due forze siriane si scatenò ufficialmente il 15 Marzo 2011, a seguito delle manifestazioni di piazza che vi furono nelle due principali città della Siria: Damasco, la capitale, e Aleppo, la seconda città del paese. Da allora 5 anni di guerra senza quartiere, in cui si è inserita magistralmente l’Isis, che sfruttando finanziatori senza scrupoli, incertezze e divisioni interne all’opposizione di Assad, l’appoggio di altre formazioni paramilitari islamiche e il non intervento internazionale, ha conquistato metà del paese e ha iniziato la stagione del terrore che l’Europa e il mondo intero sta conoscendo. Situazione analoga si è avuta in Libia: dopo la morte del Rais Muammar Gheddafi, il fragile governo del Consiglio nazionale di transizione si è disgregato. Nonostante l’eliminazione del dittatore avvenuta in poco meno di 8 mesi, le tribù libiche si sono dimostrate inadatte a formare un governo di unità nazionale: la Libia viene, ben presto, divisa in due zone amministrate da due diversi governi. L’uno con capitale Tripoli controllato dalle forze leali ad Alba Libica, l’altro, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale, con capitale Tobruk, controllato dalle forze leali a Abdullah al-Thani. Proprio la situazione politica della Libia e la presenza già numerosa nel paese di miliziani islamici radicali, la formazione Ansar al-Sharia fra tutte, ha facilitato l’infiltrazione e l’avanzata Isis in terra libica. Queste sono soltanto due delle nazioni in cui al momento lo Stato Islamico governa in maniera del tutto illegittima e sanguinaria. L’opinione pubblica internazionale intanto cosa fa? Al momento resta a guardare, pochi gli interventi reali da parte dei paesi europei per risolvere la situazione. L’ONU e l’intero occidente, non hanno al momento intenzione di scendere in campo. In Libia la diplomazia straniera ha tentato di riportare la pace tra le tribù che combattono fra di loro, come ci testimonia l’accordo di pace firmato e ratificato dalla Camera dei rappresentati di Tobruk, tra le ex formazioni anti-Gheddafi. In Siria, la situazione invece è più complicata. La Russia insieme alla Cina sostiene il presidente siriano, mentre gli Stati Uniti e le potenze d’occidente sostengono il Consiglio Nazionale siriano. Pur ricordando i bombardamenti Russi e Americani, il più delle volte a scapito della popolazione civile, l’immobilismo mondiale, ha favorito solo gli estremisti islamici e ha reso ancor più difficile la situazione politica dei due paesi. Nonostante le ultime notizie e i rumors che si ricorrono su un possibile intervento militare coordinato dalle Nazioni Unite, si è fatto ancora veramente poco per fermare l’Isis.