Roma – I lavori socialmente utili (LSU) sono stati istituiti nel 1981 con l’obiettivo dichiarato di offrire ai lavoratori temporaneamente sospesi dal lavoro un’attività con fine di pubblica utilità. Negli anni il bacino di questi lavoratori è fortemente cresciuto fino a raggiungere 170.000 persone a fine anni ’90. Oggi vi sono circa 15.000 lavoratori socialmente utili per un costo di circa 70 milioni annui.
E’ quanto emerge dai dai Inps, nell’ambito dell’operazione trasparenza ‘Porte Aperte’. Le procedure che consentivano l’utilizzo di lavoratori in attività socialmente utili sono state abrogate dal Decreto del 2000, ma viene mantenuta la possibilità di impiego diretto di lavoratori titolari di trattamenti previdenziali, da parte delle pubbliche amministrazioni, cioè senza l’obbligo di predisporre uno specifico progetto. Pertanto nel 2000 cessa la possibilità di approvare nuovi progetti di attività socialmente utili e viene disciplinata la prosecuzione di quelli già in corso. Si possono distinguere due categorie di lavoratori socialmente utili: i cosiddetti “transitoristi” ovvero i LSU che continuano le attività con oneri a carico del Fondo sociale occupazione e formazione (ex Fondo per l’Occupazione); i lavoratori cosiddetti “autofinanziati” che continuano le attività con oneri a totale carico delle Regioni o enti utilizzatori.
L’assegno è erogato dall’Inps, su indicazione del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Per lo svolgimento delle attività socialmente utili spetta, mensilmente, l’assegno per attività socialmente utili (ASU) e l’eventuale assegno al nucleo familiare (ANF). Per il 2016 l’importo mensile lordo dell’assegno ASU e’ pari ad 580,14 euro. I lavoratori devono essere impegnati per un orario settimanale di 20 ore e per non piu’ di 8 ore giornaliere. Nel caso di un impegno superiore al lavoratore spetta un assegno integrativo a carico del soggetto utilizzatore.
Attualmente le Regioni che hanno ancora attivi i lavoratori socialmente utili a carico del FSOF sono soltanto sette (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia e Lazio). Pertanto il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sta ponendo in campo misure di politica attiva mirate allo “svuotamento” del bacino dei LSU a carico del FSOF, attraverso la stabilizzazione dei lavoratori presso gli stessi Enti utilizzatori o attraverso l’erogazione di incentivi regionali finalizzati all’attività autonoma o alla micro-imprenditorialità.