Redazione – L’8 settembre scorso, il parlamento europeo all’interno del rapporto sulla Situazione dei diritti fondamentali nell’Ue, chiedeva a 9 stati membri, tra cui l’Italia, di “considerare la possibilità di offrire la coabitazione, le unioni di fatto registrate e il matrimonio” per le coppie omosessuali. Il mondo politico italiano aveva reagito in maniera diversa: i contrari al DDL Cirinnà, avevano scatenato la guerra in parlamento a colpi di emendamenti e polemiche; il PD con il Ministro Boschi in testa, aveva invece intimato l’alt all’ostruzionismo parlamentare e aveva persino assicurato la certezza dell’approvazione della legge. Una legge spinosa per l’Italia che attualmente è l’unico dei 6 paesi fondatori dell’UE senza una regolamentazione dei diritti delle coppie dello stesso sesso. La posizione dell’Italia non è semplice e va analizzata in base a due dati: il primo è la firma italiana al Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997; il secondo è la lista di paesi europei che hanno riconosciuto i diritti delle coppie omosessuali. Il trattato di Amsterdam è molto importante proprio perché tra le varie disposizioni, vi è quella che lega l’ammissione all’UE di un paese, a patto che abbia una legislazione coerente a quella unitaria nel campo dei diritti delle unioni civili; per gli stati già membri, sprovvisti di tali regolamentazioni, era stato deciso l’adeguamento alle politiche comunitarie. Il secondo dato è invece la lista di paesi membri che hanno legiferato a favore del riconoscimento dei diritti per le coppie dello stesso sesso: Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria. 21 paesi su 28 hanno seguito le politiche comunitarie e hanno legiferato in tempi relativamente brevi; basti pensare al Belgio, che nel febbraio 2003, aveva aperto alla politica di riconoscimento per coppie dello stesso sesso. I Paesi Bassi avevano bruciato tutte le nazioni sul tempo: il dibattito sulle unioni civili era già iniziato nel 1993 e la legge era stata approvata a metà del 1997, in anticipo addirittura allo stesso Trattato di Amsterdam. Le Grandi d’Europa non si erano mica fatte attendere: la Francia aveva aperto alle unioni civili addirittura nel 99, seguita dalla Germania nel febbraio 2001; il Regno Unito e la Spagna invece nel 2005. L’ultima nazione dell’Unione ad aver legiferato in merito è stata la Grecia, che nel dicembre 2015 ha riconosciuto le coppie omosessuali. All’inizio 2015 la situazione appariva ben delineata almeno per il cammino di riforme del governo Renzi; il premier a giugno 2015, aveva ribadito la volontà del suo governo di “portare a casa” la legge entro il 2016, nonostante le divisioni interne e l’incertezza sui voti al Senato. Il 28 gennaio di quest’anno, il contestatissimo DDL Cirinnà è sbarcato al Senato, pronto per essere discusso. Nei giorni successivi, durante la discussione, la fronda parlamentare non si è fermata e anzi il popolo dei contro, aveva ingrossato la lista degli emendamenti. Proprio durante la discussione in aula, aveva fatto la sua comparsa il “Canguro”, presentato dal senatore PD Marcucci, che aveva l’obbiettivo di eliminare tutti gli altri emendamenti delle opposizioni alla legge. Il PD, sicuro di una vittoria, vista anche l’alleanza che si era creata tra Cirinnà e il senatore M5S Airola, non aveva ritirato il super emendamento. La situazione, a sorpresa, è precipitata: la Lega ha infatti ritirato all’ultimo momento gli oltre 5000 emendamenti; il Movimento 5 Stelle, ufficialmente preoccupato di creare un precedente pericoloso ha ritirato il proprio si al “Canguro” e il DDL Cirinnà ha vacillato. La discussione al momento è stata rinviata di una settimana, il prossimo mercoledì riprenderanno le votazioni; il premier ha fatto la voce grossa all’interno del proprio partito, viste le divisioni interne che erano venute a galla anche durante le votazioni. Adesso si susseguono continue ipotesi di possibili nuove alleanze, si rincorrono continue voci di modifiche alla legge e all’interno del PD si cerca un colpevole per questa battuta d’arresto. La battaglia è appena iniziata, il 24 gennaio la legge tornerà in Italia, e il parlamento anche questa volta dovrà ricordare che “Ce lo chiede l’Europa.”.
(Salvatore Gabriele Imperiale)