Milano. Si dibatte molto sul futuro del giornalismo, sul rischio che le nuove tecnologie fagocitino gli strumenti tradizionali di fare informazione. E se invece non fosse così? Se l’ipotetico assassino del giornalismo fosse invece la sua àncora di salvezza? Già, perché sembra che i nuovi tools siano destinati a mutare il modo tradizionale di fare informazione, a partire dal suo elemento basilare: la notizia. Perché limitarci a leggere, quando possiamo entrare nelle notizie, camminare attraverso di esse. Questa è l’idea di fondo di The Displaced, il primo film in realtà virtuale sviluppato dal New York Times, presentato lo scorso giovedì a Manhattan. Diretto da Imraan Ismail, produttore Vrse, eBen Solomon, video-giornalista per il Nyt, The Displaced è un reportage sulla crisi dei rifugiati, filtrata attraverso la storia di tre bambini – Olog dall’Ucraina, Choul dal Sudan del Sud e Hana, una rifugiata siriana che vive in un campo in Libano – ritratti mentre vivono la loro quotidianità: gli amici, il villaggio, la loro vita. «Dieci minuti bellissimi e strazianti», lo ha definito Madeline Welsh.
«Esiste una notevole differenza tra il girare per la realtà virtuale e farlo per la 2D», concordano gli autori del documentario. «C’è una potenza inesplorata in questo tipo di produzioni – spiega Solomon – , che consiste nella possibilità di guidare l’attenzione degli utenti. La realtà virtuale consente alle persone di andare oltre, utilizzando i suoni e le luci per veicolare la loro attenzione». I connotati classici del documentario vengono stravolti: gli utenti sono coinvolti nella storia in maniera profonda, al punto di stabilire una connessione empatica con i protagonisti della vicenda. Permettere ai fruitori di entrare nella storia non solo aiuta a migliorarla, ma cambia radicalmente il modo di raccontarla.
Il New York Times sta mostrando ancora una volta la sua natura visionaria in termini di innovazione tecnologica, ma la realtà virtuale si candida a divenire la nuova frontiera dello storytelling, tanto che diversi organi di stampa, tra cui Associated Press, Frontline, The Wall Street Juornal , stanno sperimentando come adattarla alla loro idea di giornalismo. «The Displaced è destinato ad essere la svolta per le tecnologie emergenti – ha dichiarato Jake Silverstein, editore del Nyt–. Speriamo che i nostri lettori lo interpretino come il momento in cui Vr diviene mainstream». È questa, forse, l’incognita più rilevante: il rischio è che gli utenti continuino ad interpretarla come un gioco, al pari di un semplice videogame, anzichè considerarla come il turning point per il futuro del giornalismo.
(Antonio Di Francesco – magzine – progetto della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)