Parigi. Così come ci sentiamo impotenti di fronte alla violenza della natura, parimenti lo siamo di fronte agli attacchi terroristici. La differenza è che le catastrofi naturali fanno parte di un percorso al di sopra di noi stessi e che racchiude i misteri dell’umanità. Il caso del terrore a Parigi, della morte gratuita ci riporta a quelle emozioni e sentimenti vissuti con l’11 settembre americano. Anche a distanza restiamo turbati ed improvvisamente ci sentiamo cittadini di un mondo che non è il nostro ma di altri. Purtroppo non di quel Dio a cui si inneggia in virtù della barbarie compiuta dall’uomo. Potremmo definirla esaltazione, ma ci dovremmo perdere nella notte dei tempi per capire le ragioni di tutto questo. E’ la ribellione terroristica che per colpire il sistema colpisce il piccolo, il ragazzo che va alla partita, e la gente che il sabato sera va a teatro. Vita normale di una grande città metropolitana. Si uccide all’impazzata, con una freddezza inumana ed asociale. Non vogliamo sentirci fintamente francesi, ma sono colpite le nostre coscienze. La politica tanto grande e potente, è in preda al panico? Forse qualcuno già pensa di rifugiarsi dentro qualche bunker antiatomico per sfuggire alla mano terroristica. Il segnale è chiaro e forte, la reazione è quella che sperava chi ha provocato tutto questo: terrore, frontiere chiuse, stati di emergenza nazionali, impotenza della sicurezza di una nazione nel prevenire o contrastare determinati propositi terroristici. Morti, famiglie distrutte, ansie e turbamenti che resteranno indelebili nella vita di coloro che hanno avuto la sfortuna di vivere direttamente tutto questo. Le ragioni non sono comprensibili alla vita di tutti i giorni, ma chi esercita un potere, terreno che sia, conosce bene le dinamiche internazionali. I tuoni ed i proclami, le indignazioni delle caste oggi forse servono a poco. La gente ritrovi l’unità nazionale ovunque, la solidarietà ed abbia comunque il coraggio di reagire.