L’Europa più becera, che alza muri e resta indifferente di fronte a chi è dovuto scappare dalla propria casa per colpa della guerra, non merita il progresso. Ce lo ricorda, e fa bene, l’Huffington Post: se in Ungheria Orban, con la sua retorica xenofoba e islamofoba, ha fatto di tutto per non concedere la minima ospitalità ai rifugiati provenienti dal Medio Oriente, anche in Germania e in Grecia ci sono gravi episodi di intolleranza, fomentati da gruppi armati di estrema destra. Eppure oggi, nel 2015, molti di noi sono devoti proprio al figlio di un migrante siriano, che ha cambiato le nostre vite. Il nome vi dirà sicuramente qualcosa: Steve Jobs. Il padre della Apple e dell’iPhone, infatti, era figlio di Abdulfattah Jandali, un giovane studente siriano che, da dissidente del regime, lasciò la sua casa ad Homs per trovare asilo politico negli Stati Uniti. Qui conobbe una giovane cattolica di origine tedesca, Joanne Schieble, con cui nacque l’amore. La famiglia di lei, però, osteggiava la relazione con un uomo musulmano, e fece di tutto per evitare che i due si sposassero. Quando la giovane rimase incinta di Jandali, la famiglia Schieble la costrinse a rompere col giovane siriano e a dare il bimbo in adozione. Il resto è storia, anzi, leggenda.