Colpita insieme ad altri cinque partecipanti, non ce l’ha fatta la ragazza israeliana pugnalata al Gay Pride di Gerusalemme giovedì. E’ morta in ospedale Shira Banki, 16 anni, dopo oltre due giorni di agonia. A colpirla, durante la manifestazione, è stato un estremista ebreo ortodosso.
L’uomo si chiama Yishai Schlissel ed era appena uscito di prigione, dopo aver scontato dieci anni di prigione per aver commesso lo stesso reato. Adesso è accusato di omicidio. Intanto, domenica, il Consiglio di difesa del governo israeliano ha autorizzato il ricorso ad arresti preventivi per combattere il terrorismo ebraico. Da tempo circolava sul web una lettera, con la firma dell’uomo. Il testo non lascia dubbi sulle intenzioni: «Di nuovo quegli scellerati vogliono organizzare una marcia nella città del Re di tutti i Re. Vogliono profanare il suo Tempio. Vergogna. È dovere di ogni ebreo impedire tale sacrilegio, anche a costo di percosse o di arresti».
Solo alcuni giorni fa’ ( venerdì) il capo dello Stato Israeliano, Reuven Rivlin, pubblicava su Facebook – in arabo e in ebraico – un addolorato messaggio di cordoglio dopo l’uccisione di Ali Dawabsheh, il bimbo palestinese morto in incendio doloso attribuito ad estremisti ebrei. Nel suo post si legge anche : «Più che vergogna provo dolore, perché membri del mio popolo hanno scelto la via del terrorismo e hanno perso il volto umano. La loro strada non è la mia, la loro strada non è la nostra».